Il metodo galileiano e il metodo indiziario
In un recente articolo Daniele Velo Dalbrenta afferma che sarebbe opportuno comprendere “che cosa ha reso epocali le ricerche antropologico-criminali lombrosiane, pure del tutto prive di precedenti storici, facendone una vera e propria sistematica di discipline – scientifiche, para-scientifiche e umanistiche – le quali, prima di Lombroso, non avevano conosciuto alcun completo tentativo di collegamento tra loro. Che cosa, in definitiva, può spiegare la rivoluzione antropologico-criminale, il suo impatto, subitaneo e senza precedenti, sulla stessa percezione sociale del fenomeno criminale?” (1). La sua risposta è la seguente: “…il carattere rivoluzionario dell’Antropologia criminale risiede nel metodo; più precisamente, nel metodo scientifico, e, più precisamente ancora, nel metodo messo a punto in età moderna per le scienze sperimentali, il cosiddetto metodo galileiano…” (2). La mia convinzione è invece un’altra. Secondo me il carattere rivoluzionario dell’Antropologia criminale risiedeva nell’utilizzo contemporaneo non di uno ma di due metodi innovativi: il metodo galileiano e il metodo indiziario (3). E’ stato lo stesso Daniele Velo Dalbrenta a descrivere l’utilizzo di due metodi differenti da parte di Lombroso e dei suoi allievi considerandoli, impropriamente, come un metodo unico. Dapprima egli ha scritto che “…il metodo galileiano veniva essenzialmente a consistere nell’osservazione e descrizione del fenomeno delinquenziale, il quale, rapportato immediatamente alla persona del delinquente che vi aveva dato corpo, veniva trasposto entro il mondo delle cifre, e cioè sottoposto a misurazione, classificazione, riduzione statistica mediante i dati ricavati dagli appositi strumenti di precisione” (4). Subito dopo ha precisato che Lombroso, affiancato da uno stuolo di collaboratori “…bazzicò carceri mandamentali e manicomi criminali raffrontando le risultanze emerse su organi, funzionalità, proporzioni, alterazioni fisiologiche, malformazioni e scompensi vari, traumi menomazioni, ferite, ecc., raccogliendo corpi di reato e oggetti vari (scritti, disegni, graffiti, oggetti, manufatti, suppellettili, decorazioni ecc.), ritraendo volti, tatuaggi, schemi di andature e quanto d’altro. Per annotare, confrontare, catalogare scrupolosamente tutto, ma proprio tutto il possibile” (5).
I due metodi avevano una natura diversa l’uno dall’altro. Uno si può definire di tipo verticale in quanto era volto a studiare in modo approfondito il corpo del delinquente mediante una serie di dati e di osservazioni raccolte attraverso l’utilizzo di strumenti di misurazione vari. L’altro si può definire di tipo orizzontale in quanto era volto a raccogliere tutte le informazioni possibili sulla figura del delinquente utilizzando le fonti più svariate ma esterne al suo corpo. Vivendo in un’epoca dominata da una cultura idealistica, nella quale il pensiero scientifico faceva molta fatica ad affermarsi, è indubbio che l’utilizz...
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