1. Non si devono giudicare gli uomini del passato con il metro di giudizio degli uomini di oggi

    By Franco Pelella il 10 June 2020
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    Michele Serra ha fatto bene ad approvare l’abbattimento a Bristol della statua di Edward Colston, un ricchissimo commerciante di schiavi morto nel 1721. Era uno schiavista anche se fu pure filantropo. Ma significativamente egli ha scritto che “A quei tempi, in Europa e in America, dire commerciante di schiavi era come dire, oggi, ingegnere o imprenditore o agricoltore” (Sul fondo del fiume Avon; La Repubblica, 10/6/2020). Ciò significa che la morale del passato non era la stessa di adesso. Immanuel Kant credeva che “L’umanità è al suo grado maggiore di perfezione nella razza dei bianchi” e che “I gialli indiani hanno scarso talento”, Aristotele sosteneva che “Il maschio è per natura superiore e la femmina inferiore, e dunque l’uomo governa e la donna subisce”, David Hume scriveva: “Sono incline a sospettare che i Negri, e in generali tutte le altre specie d’uomo, siano naturalmente inferiori ai bianchi”. Non si devono giudicare gli uomini del passato con il metro di giudizio degli uomini di oggi. Il movimento anti-razziale attualmente in corso deve tener conto di questo pericolo.
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  2. Vincenzo De Luca sta trasformando una sicura cavalcata trionfale in una farsa

    By Franco Pelella il 9 June 2020
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    La candidatura di Vincenzo De Luca a presidente della Regione Campania poteva essere il preludio ad una cavalcata trionfale ma si sta trasformando in una farsa. Dopo i grossi consensi acquisiti con la gestione dell’emergenza Covid-19 De Luca ha convinto il Pd (ma anche altri partiti di governo come Italia Viva e Articolo Uno) a candidarlo superando le esitazioni dei mesi scorsi che avevano prodotto la possibile candidatura del ministro Costa come risultato di un’alleanza con i Cinque Stelle. Ma sulla candidatura di De Luca c’è stato anche il consenso di Sandro Ruotolo, il senatore eletto nei mesi scorsi a Napoli come risultato di un’alleanza politica tra il Pd e la sinistra radicale). De Luca, quindi, poteva contare sul sostegno di Pd, Italia Viva, Articolo Uno e di varie componenti della sinistra radicale (come conseguenza dell’accordo con Ruotolo) ma anche, naturalmente, sul consenso popolare proveniente soprattutto da destra per la sua gestione energica dell’emergenza Covid-19. Con questi presupposti De Luca avrebbe vinto sicuramente a mani basse le elezioni. Ma egli che ha fatto? Ha incaricato il suo luogotenente Fulvio Bonavitacola di radunare il 3 giugno scorso presso la Stazione marittima di Napoli i 16 partiti e partitini che dovrebbero sostenerlo (tra cui il partitino di Clemente Mastella). Nel frattempo Ciriaco De Mita e un importante esponente della destra come Mario Ascierto hanno dichiarato che sosterranno la candidatura di De Luca. Il risultato è che Articolo Uno e vari raggruppamenti della sinistra radicale si stanno allontanando da lui contestando la troppa eterogenea compagnia politica che dovrebbe sostenerlo. Che dire? Che anche in questo caso è venuta fuori la vera natura dell’uomo, quella di non avere alcuna remora a fare alleanze politiche anche con personaggi impresentabili perché storicamente caratterizzati da comportamenti clientelari o perché appartenenti allo schieramento politico opposto a quello di centro-sinistra. Pare di rivivere la favola della rana e dello scorpione con lo scorpione che uccide la rana (e affogano tutti e due) perché questo comportamento è nella sua natura.
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  3. Articolo Uno dovrebbe rifiutare per principio di allearsi con un personaggio come Vincenzo De Luca

    By Franco Pelella il 8 June 2020
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    Salvatore Vozza, membro della direzione nazionale di Articolo Uno (il partito di Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani) ed ex candidato alla presidenza della Regione Campania alla testa della lista Sinistra al lavoro, ha spiegato i motivi della sua perplessità rispetto alla riunione del 3 giugno scorso presso la Stazione Marittima di Napoli di tutte le forze politiche che sostengono la candidatura di Vincenzo De Luca a presidente della Regione Campania. Egli ha scritto, tra l’altro, che “…in tanti si apprestano a salire sul carro. Noi e le altre forze non siamo tra questi. Pensiamo che ci siano ancora seri aspetti da approfondire e tali da connotare l’apertura di un nuovo processo politico. Nell’incontro del 3 giugno abbiamo affermato con chiarezza che, condivisa la ricandidatura del presidente uscente, rimane un lavoro da fare sul programma, sul carattere della coalizione che non può trasformarsi da alleanza politica in un carrozzone che raccoglie chiunque sia portatore di pacchetti di voti…Lavoriamo insieme con chiarezza e disponibilità, ma pronti a trarne le conseguenze se non si dovessero verificare le condizioni” (De Luca, niente carrozzoni; La Repubblica, 8/6/2020). Prendo atto delle affermazioni di Salvatore Vozza e dò per buona la volontà del suo partito di non far parte di carrozzoni che comprendano esponenti della destra, Mastella e De Mita. Ma la mia opinione è che egli non avrebbe dovuto partecipare alla riunione del 3 giugno sia per la composizione troppo eterogenea delle forze politiche che si apprestano a salire sul carro di De Luca sia, soprattutto, perché una forza politica come Articolo Uno (rappresentata in Parlamento da galantuomini come Bersani e Speranza) dovrebbe rifiutare per principio di allearsi con un personaggio come lui, anche se è un personaggio che attualmente gode di grande popolarità. Cosa ha in comune Articolo Uno con De Luca? La spregiudicatezza, la trasversalità, il linguaggio triviale, l’arroganza, il comportamento dittatoriale?
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  4. Il coronavirus ha fatto emergere più i limiti che la forza della scienza

    By Franco Pelella il 24 May 2020
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    Ammiro molto la scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo. Sono quasi sempre d’accordo con quello che dice e scrive ma questa volta non è così. In un articolo dedicato alle pandemie che si sono succedute nella nostra storia ha scritto, tra l’altro: “Ecco la forza della scienza riuscire a risalire la storia di quegli oggetti invisibili – i virus, recenti o antichi – fino alla loro genesi, seguirne con precisione l’evoluzione, ogni mutazione, per poter poi immaginare nuove domande e disegnare nuove strade da seguire, verificare, raccontare. Quelle strade ci permetteranno sicuramente di essere più preparati un domani, così come oggi siamo più preparati di un secolo fa, se e quando dovremo affrontare la prossima emergenza” (Bio-scienza; D di Repubblica, 23/5/2020). La mia opinione è che in questa occasione la senatrice Cattaneo avrebbe dovuto descrivere più i limiti che la forza della scienza. Perché è apparsa evidente l’impreparazione dei virologi rispetto alla novità costituita dal Covid-19. Essi, non conoscendo le caratteristiche del virus, inizialmente non sono stati in grado di prevedere né di quali tipi di patologie avrebbero sofferto le persone colpite né le misure precauzionali che si sarebbero dovuto prendere per limitare il diffondersi del virus. Per questi motivi gli operatori sanitari (medici e infermieri) sono stati mandati allo sbaraglio venendo colpiti loro per primi dal virus mentre gli ospedali più che essere luoghi di cura sono diventati i primi elementi diffusori del contagio. Il risultato è costituito da milioni di contagiati e da migliaia di morti in tutto il mondo.
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  5. Giuseppe Conte e Vincenzo De Luca: due modi alternativi di governare

    By Franco Pelella il 19 May 2020
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    E’ oramai unanimemente riconosciuto che due sono i politici italiani che stanno uscendo meglio dalla crisi del coronavirus: Giuseppe Conte e Vincenzo De Luca; i sondaggi sono univoci nel considerare questi due personaggi come coloro che godono del maggiore favore degli italiani. Ma i metodi di governo dei due non sono simili: Conte dà l’immagine di una persona pacata, disponibile al confronto, capace di tenere conto delle opinioni delle diverse anime del suo governo; De Luca, invece, dà l’immagine di una persona decisionista e autoritaria, poco disponibile al confronto e a tenere conto dell’opinione delle persone che collaborano con lui. Sono due modi di governare che, pur avendo ottenuto successo, non possono essere messe sullo stesso piano; i democratici sono chiamati a scegliere perché per loro queste due filosofie non possono essere accettabili allo stesso modo. Ha sbagliato il Partito democratico campano ad appoggiare la candidatura di De Luca alle prossime elezioni regionali sulla base dei sondaggi favorevoli al governatore in carica; nella scelta avrebbero dovuto pesare anche altri elementi, come la non democraticità dell’azione politica di De Luca. Nella storia della sinistra ci sono molti esempi di governanti e amministratori locali che hanno ottenuto grandi successi con metodi di governo del tutto alternativi a quelli di De Luca (si pensi a grandi sindaci come Maurizio Valenzi a Napoli e ad Italo Falcomatà a Reggio Calabria ma anche a Renato Zangheri a Bologna e Luigi Petroselli e Ugo Vetere a Roma). Bisognerebbe che i democratici italiani si convincano di questa realtà e che non temano solo l’autoritarismo di Matteo Salvini ma anche l’autoritarismo presente all’interno della sinistra. E’ opportuno che essi non considerino la difesa della democrazia come un fattore secondario dell’azione politica ma come un elemento primario. Il rischio, altrimenti, è quello di seguire i Paesi dell’Est europeo nella discesa verso l’autoritarismo.
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  6. Caro Michele Serra, i social non sono i parassiti della realtà

    By Franco Pelella il 9 May 2020
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    Michele Serra ha scritto della vicenda dell’attore Elio Germano. Egli patisce l’esistenza di falsi Elio Germano che parlano a suo nome sui social e anche a lui è stato detto che l’unico modo per rimediare è entrare nei social e ingaggiare un combattimento con i propri falsi. La sua conclusione è stata che «L’assioma secondo il quale i social sono essi stessi “realtà” ne esce parecchio compromesso. Vivono grazie a lei, ma non sono lei. Sono, della realtà, i parassiti, gli imitatori, i sosia» (Il rapimento di Elio Germano; La Repubblica, 9/5/2020). Non sono d’accordo. Michele Serra per parlare ancora una volta male dei social ha preso a pretesto un fatto deteriore che li riguarda ma i social non sono solo produttori di negatività. E’ assurdo dire che essi sono i parassiti della realtà. Sono innumerevoli gli esempi di cose che avvengono sui social e che contribuiscono a cambiare la realtà. Si pensi solo all’uso che di Twitter fa Donald Trump o, per rimanere in Italia, all’importanza che hanno i social per forze politiche come il Movimento Cinque Stelle. Soprattutto è innegabile la cosa più importante e cioè che grazie ai social milioni di persone non sono più escluse dalla discussione pubblica che per secoli è avvenuta solo sui giornali e nei libri
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  7. La compostezza dei meridionali negli ultimi mesi è stata dovuta soprattutto alla paura del contagio

    By Franco Pelella il 5 May 2020
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    Anche Isaia Sales fa parte della schiera dei commentatori che hanno notato un particolare senso civico dei meridionali nel corso della crisi del coronavirus. Egli ha scritto “…si è riusciti a bloccare l’apertura di un secondo fronte e ad evitare una penetrazione del virus «panzer» al di sotto del Garigliano. E tutto ciò lo si deve al fatto che la popolazione meridionale se ne è stata a casa, ha seguito gli obblighi dettati dalle autorità, almeno finora. Insomma, se si vuole essere seri nelle analisi di quanto è successo ad oggi, l’Italia ha retto perché la popolazione meridionale è stato di una compostezza e di autodisciplina esemplari. E tutto ciò è avvenuto non perché è stato promesso fuoco e fiamme agli indisciplinati. Lo dimostra il fatto che si è trattato di un comportamento uniforme, dal Molise alla Sicilia, dall’Abruzzo alla Calabria, dalla Puglia alla Basilicata, dalla Sardegna alla Campania, cioè anche in luoghi dove si ci sono stati pochissimi casi la gente è rimasta disciplinatamente a casa. Si può parlare, dunque, di un particolare contributo meridionale alla tenuta sanitaria della nazione” (Se il Sud virtuoso dà fastidio; Il Mattino, 5/5/2020). E’ vero che i meridionali si sono comportati bene indipendentemente dal fuoco e dalle fiamme promesse agli indisciplinati. Ma la compostezza non è dovuta ad un particolare senso civico; fondamentale è stata, invece, la paura di essere contagiati. Essa ha indotto la popolazione meridionale ad isolarsi e ad evitare, così, che la malattia si diffondesse. Il senso civico dei meridionali va valutato adesso che si sta uscendo dalla pandemia; solo in condizioni normali esso può essere considerato pienamente senza preoccuparsi se esso sia falsato o meno da epidemie o da altri tipi di catastrofi.
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  8. La gente non sempre capisce d'istinto chi parla con lingua diritta o biforcuta

    By Franco Pelella il 2 May 2020
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    Facendo riferimento agli ormai famosi discorsi di sindaci e governatori sceriffi contro chi non rispetta le regole del distanziamento sociale l’antropologo Marino Niola ha scritto: “…in frangenti come quelli che stiamo vivendo, il linguaggio assume un’importanza capitale. Può essere un farmaco o un veleno. Perché in realtà, idee, emozioni, angosce, speranze, sono create dalle parole. E dalle parole possono essere distrutte, deluse, deformate. Ma la gente capisce d’istinto chi parla con lingua diritta, come dicevano gli Indiani d’America, o con lingua biforcuta, per ricavarsi spazi politici o mediatici. E contro questi abusi l’antidoto si trova nel linguaggio stesso…” [Le parole (e le maniere) per dirlo; Il Venerdì di Repubblica, 24/4/2020]. Mi sembra eccessiva la fiducia che il professor Niola ripone nella capacità della gente di capire d’istinto chi parla con lingua diritta o con lingua biforcuta. Oramai la storia ci ha dato moltissimi esempi di infatuazione della gente per le persone sbagliate per cui mi sembra sbagliato contare ciecamente sulla sua affidabilità. Se si guarda poi ad alcuni dei sindaci e dei governatori che hanno insultato coloro che non rispettavano le ordinanze delle autorità è evidente che si tratta di persone rozze e autoritarie, quindi non propriamente degne di ricoprire la loro carica.
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  9. I modelli comportamentali non hanno condizionato l’andamento della pandemia del coronavirus al Sud

    By Franco Pelella il 2 May 2020
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    Massimo Nava, editorialista del Corriere della Sera, si è chiesto che cosa ha salvato il Sud dal coronavirus. La sua risposta è stata che “Al Sud, la mobilità sociale si regge in larga misura sul trasporto privato e individuale, la precarietà dei trasporti pubblici ha favorito una maggiore distanza sociale, ritmi e stili di vita sono meno frenetici, la densità abitativa è più bassa, soprattutto nelle zone interne e agricole. La potenzialità del virus sarebbe stata ridotta anche da temperature più elevate, minore inquinamento, condizioni naturali, clima marino, circolazione dei venti. C’è inoltre un dato comportamentale. L’allarme al Sud è stato preso sul serio, con diffusa autodisciplina, sostenuta da tradizioni e sensibilità tipicamente meridionali: solidarietà, ironia, coesione locale e identitaria, capacità di sopportazione, «abitudine» alle emergenze, accettazione esistenziale di tragiche fatalità: A’ da passà ‘a nuttata», si dice a Napoli, mentre al Nord si sentiva forte e chiaro lo sciagurato «Milano non si ferma» (Ciò che ha aiutato il meridione; Corriere del Mezzogiorno, 1/5/2020). La mia opinione è che è vero che i ritmi e stili di vita non frenetici del Sud hanno aiutato ad affrontare meglio la crisi del coronavirus ma che non è vero che i modelli comportamentali del Sud abbiano condizionato molto l’andamento della pandemia. La differenza di fondo tra Nord e Sud rimane il fatto che nel Nord la pandemia si è presentata con largo anticipo, senza essere individuata in tempo per la novità da essa rappresentata; essa ha avuto il tempo di diffondersi per settimane senza essere adeguatamente affrontata. Il Sud, invece, ha avuto la fortuna di essere stato colpito con parecchio ritardo; c’è stato quindi il tempo di approntare le misure di distanziamento sociale necessarie per evitare che il contagio si diffondesse. Quanto alle tradizioni e alle sensibilità tipicamente meridionale a mio parere esse hanno inciso poco; fondamentale è stata, invece, la paura di essere contagiati. Essa ha indotto la popolazione meridionale ad isolarsi e ad evitare, così, che la malattia si diffondesse.
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  10. Alla fine di questo secolo la popolazione mondiale dovrebbe smettere di crescere

    By Franco Pelella il 22 April 2020
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    Oggi, in occasione del 50° anniversario della Giornata mondiale della Terra sui giornali alcuni commentatori hanno scritto che i due principali problemi che oggi ha la Terra sono il riscaldamento globale e la sovrappopolazione mondiale. Sono d’accordo sulla drammaticità del primo problema ma non altrettanto per quanto riguarda il secondo. Secondo quanto hanno scritto Hans Rosling, Ola Rosling e Anna Rosling Rönnlund all’interno del bestseller Factfullness è vero che oggi la popolazione mondiale ammonta a 7,8 miliardi di persone. La crescita, tuttavia, ha già iniziato a rallentare e gli esperti dell’Onu sono quasi sicuri che continuerà a farlo nei prossimi decenni. Essi ritengono che la curva si appiattirà tra 10 e 12 miliardi di persone entro la fine del secolo. Nel 1948 le donne davano in media alla luce cinque figli ciascuna ma negli ultimi cinquant’anni il numero dei neonati è sceso in picchiata fino ad arrivare ad una media mondiale di 2,5. Quindi l’aumento della popolazione previsto non ha origine da nuovi bambini bensì da bambini e da giovani adulti già nati. Non occorrono quindi misure drastiche per la riduzione delle nascite ma solo la prosecuzione dei programmi di riduzione delle nascite già in atto, soprattutto nel Terzo Mondo.
    Last Post by Franco Pelella il 22 April 2020
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