1. Asta dei Buoni del tesoro poliennali: i Cinque Stelle ormai negano la realtà capovolgendo i fatti

    By Franco Pelella il 2 Sep. 2018
    1 Comments   364 Views
    .
    Segnalo l’editoriale che Sebastiano Messina ha dedicato ad un post del deputato e sottosegretario dei Cinque Stelle Stefano Buffagni scritto a seguito dell’asta dei Buoni del tesoro poliennali. Ecco la parte iniziale: “Ex malo bonum, ammonivano i saggi romani duemila anni fa. Non malum sed bonum annunciano oggi i tribuni grillini. E il principio è davvero rivoluzionario, perché la negazione della realtà, il capovolgimento dei fatti, il ribaltamento della verità consentono di non deludere mai i propri elettori. E’ dunque da incorniciare, come un capolavoro dell’art noveau della comunicazione politica, l’articolo sul Blog delle Stelle, che non è un sito qualunque ma l’unica sede ufficiale del principale partito di governo, il Movimento 5 Stelle. Un post firmato da Stefano Buffagni, deputato e sottosegretario, oltre che dottore commercialista. Cosa c’era scritto di così rivoluzionario? C’era la notizia della pessima asta dei titoli di Stato, ma presentata come uno strepitoso successo del governo giallo-verde. Titolo: «Ottimi segnali per l’economia italiana, sold out per l’asta dei Btp». Ottimi segnali? Si, perché «la domanda è stata superiore all’offerta», spiegava dotto Buffagni, concludendo con una domanda: «Che dite, la leggeremo questa notizia sui giornali?». No, non l’hanno letta. Perché i giornali hanno riportato un’altra notizia, quella vera: e cioè che la fiducia degli investitori verso l’Italia è in calo, e per vendere quei Btp il Tesoro ha dovuto offrire quattro miliardi di interessi in più. Ma questo segnale – pessimo, da ogni punto di vista – è diventato «ottimo» per i grillini…(Ottimi segnali andiamo a picco; La Repubblica, 2/9/2018).

    Edited by Franco Pelella - 14/12/2021, 11:22
    Last Post by J-new il 30 Sep. 2018
    .
  2. Può un prefetto non invitare alcun membro del governo a presenziare a dei funerali solenni?

    By Franco Pelella il 18 Nov. 2017
    1 Comments   503 Views
    .
    Il prefetto di Salerno Salvatore Malfi, dopo lo svolgimento dei funerali solenni in onore delle 26 ragazze nigeriane morte annegate, ha dichiarato che la scelta di non invitare alcuna autorità nazionale per i funerali è stata concordata con le autorità locali, cioè il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli. Mi chiedo: può un prefetto decidere di non invitare alcun membro del governo nazionale a dei funerali solenni? Non è egli sottoposto al Ministero degli Interni? La mia ricostruzione dei fatti (necessariamente ipotetica per l’assurda reticenza delle autorità pubbliche) è la seguente: il prefetto, il sindaco di Salerno e il presidente della Regione non hanno condiviso la scelta di far sbarcare a Salerno una nave di migranti con 26 cadaveri a bordo e, per protesta, hanno deciso che non fosse invitato alcun membro del governo ai funerali solenni. Ma potevano farlo?
    Last Post by J-new il 26 Aug. 2018
    .
  3. VINCENZO DE LUCA HA TORTO. NON E’ VERO CHE LA REGIONE CAMPANIA PUO’ COMPETERE, IN TERMINI DI EFFICIENZA, CON TUTTE LE ALTRE REGIONI ITALIANE

    By Franco Pelella il 23 April 2024
    0 Comments   3 Views
    .
    Da vari anni Vincenzo De Luca sostiene che la Regione Campania è all’avanguardia in Italia in termini di efficienza. L’ha detto anche venerdì scorso a Napoli nel corso della prima giornata di “Repubblica delle idee”. Noi non siamo convinti di ciò. Riteniamo che l’emiro menta sapendo di mentire. Per questo motivo abbiamo cercato su Internet le ultime ricerche che valutano, sulla base di uno studio scientifico dei dati, l’efficienza delle regioni. Ecco quello che è venuto fuori.

    1) RATING QUALITATIVO 2020 DELLE REGIONI SECONDO LA FONDAZIONE ETICA

    La Fondazione Etica, è una fondazione nazionale, indipendente e no-profit, costituitasi a Milano nel 2008. È un centro di ricerca che unisce studio, progettualità e attività pratiche.
    La finalità dell’ analisi “Il rating qualitativo delle regioni” è misurare e comparare la trasparenza, integrità ed efficienza delle Regioni italiane: effettuata nel primo semestre 2020, essa si basa sui dati pubblicati dalle Regioni stesse sui rispettivi siti web in base agli obblighi di pubblicazione stabiliti dalla norme vigenti. Si tratta di dati aggiornati al 2019 o, ad esempio nel caso dei dati di bilancio, al 2018.
    L’obiettivo del Rating Pubblico è diagnosticare lo stato di salute delle PA – e in questo caso specificamente delle Regioni - arrivando a mapparne capacità istituzionale e qualità della spesa pubblica. Il Rating Pubblico fornisce una base conoscitiva oggettiva su cui incardinare una seria “due diligence” delle Pubbliche Amministrazioni da parte dei Governi e, da lì, un’azione di miglioramento del loro rendimento complessivo.
    Per far questo, il Rating Pubblico valuta non le politiche, ma la macchina amministrativa che quelle politiche produce. Analizza, in un’ottica di sostenibilità ESG (Enviromental, Social, Governance), sei aree relative alla capacità amministrativa delle Amministrazioni Pubbliche: Bilancio, Governance, Gestione del personale, Servizi e rapporto con i cittadini, Appalti e rapporto con i fornitori, Ambiente.
    Il quadro che esce dall’analisi comparata delle Regioni sulla base del Rating Pubblico sembra confermare sostanzialmente quello dell’analisi 2018, ma con alcune variazioni significative.
    Tra queste, merita una segnalazione positiva quella riguardante tre Regioni del Sud - Molise, Basilicata e Puglia – che, pur ottenendo anche nel 2020 un Rating Pubblico sotto la sufficienza, dimostrano un trend di miglioramento rispetto al passato: alla luce dei loro dati economici di contesto non era scontato.
    ll Nord e il Centro Italia occupano la parte alta del ranking del Rating Pubblico, mentre il Sud si concentra totalmente nella parte bassa, con cinque Regioni in classe di Rating Weak e tre in Poor. La terzultima, in Rating Poor, è la Campania.

    2) EDIZIONE 2021 DEL PROGETTO “LE PERFORMANCE REGIONALI” DEL C.R.E.A. SANITÀ

    Pubblicata nel 2021 la nona edizione dell’analisi delle ‘Perfomance regionali’. Il ranking è frutto di una metodologia di valutazione ...

    Read the whole post...

    Last Post by Franco Pelella il 23 April 2024
    .
  4. LA COMPRAVENDITA DEI VOTI E L’ALLEANZA CON LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA NON FANNO PARTE DEL COMPORTAMENTO NORMALE DEI DIRIGENTI DEL PARTITO DEMOCRATICO

    By Franco Pelella il 9 April 2024
    0 Comments   3 Views
    .
    Le inchieste giudiziarie stanno facendo emergere una parte del Partito democratico gestita in modo affaristico e clientelare; si passa dai cinquanta euro pagati in Puglia per un voto ai possibili intrecci con la ‘ndrangheta in Piemonte. La mia opinione è che questi due casi sono estremi e che le altre forze politiche spesso sono gestite peggio. Essi non rispecchiano la gestione normale del partito che è fatta anche di clientelismo, scambi di favori e signori delle tessere ma di solito non arriva alla compravendita dei voti o alla collusione con la criminalità. C’è sicuramente una rapporto col mondo delle imprese. Le amministrazioni locali gestite dal Pd sono storicamente legate soprattutto al mondo delle cooperative da un rapporto di do ut des. Anche il rapporto con la criminalità è caratterizzato da rapporti non sporadici ma si tratta di rapporti che avvengono sottotraccia, non alla luce del sole. La regola è il contenimento, cioè il confronto/scontro che evita ai delinquenti di oltrepassare certi limiti.
    Ci sono, però, dei casi in cui il clientelismo e il rapporto con la criminalità vengono considerati normali e sbandierati come tali. Famoso è il caso della “frittura di pesce” quando, nel 2016, Vincenzo De Luca chiese apertamente agli dirigenti del Pd della Campania di fare ricorso al voto clientelare per far passare il referendum sulla riforma costituzionale voluto da Matteo Renzi. Più recentemente Michele Emiliano ha raccontato di aver accompagnato, qualche anno fa, Antonio Decaro, allora assessore del Comune di Bari, presso la casa della sorella di un boss e di aver chiesto di lasciarlo lavorare. Non a caso De Luca è stato anche accusato di avere rapporti con la criminalità quando, alcuni anni fa, è scoppiato lo scandalo del “Sistema Salerno” mentre Emiliano è stato anche accusato, da più parti, di avere un comportamento clientelare. Sono casi limite che evidenziano il fatto che De Luca ed Emiliano considerano normale, tanto da essere sbandierato, quello che non dovrebbe esserlo. In questo sta, soprattutto, la differenza dei cacicchi come De Luca ed Emiliano rispetto agli altri dirigenti del Pd: non si preoccupano molto di nascondere e di delimitare un comportamento che non dovrebbe essere normale per un dirigente di un partito di sinistra mentre gli altri dirigenti non sbandierano questi comportamenti.
    Il ricorso al clientelismo e il confronto/scontro con la criminalità fanno, quindi, parte della quotidianità della politica ma sono comportamenti che vanno delimitati e, se possibile, eliminati. Nel momento in cui essi vengono esibiti pubblicamente provocano un’inevitabile squalifica di chi li pratica e del partito cui appartengono. E’ questo il motivo di fondo per cui Elly Schlein fa bene a combattere De Luca ed Emiliano.
    Last Post by Franco Pelella il 9 April 2024
    .
  5. L’AZIONE CONGIUNTA DELLA CHIESA CATTOLICA, DELLA SINISTRA RADICALE E DEI POPULISTI STA ORIENTANDO GRAN PARTE DELL’OPINIONE PUBBLICA EUROPEA VERSO UN DISIMPEGNO NEI CONFRONTI DELL’UCRAINA

    By Franco Pelella il 3 April 2024
    0 Comments   2 Views
    .
    Tutti vogliamo la pace. Sono pochi nel mondo quelli che non la vogliono. Soprattutto a noi europei, che a partire dalla fine della seconda guerra mondiale abbiamo vissuto circa 80 anni di pace, sembra naturale vivere senza guerre. Eppure in questo periodo nel mondo le guerre ci sono state e ci sono ancora. Con esse bisogna, purtroppo, fare i conti perché esse, alcune in particolare, ci coinvolgono. Soprattutto bisogna fare i conti con le guerre che nascono da una volontà di aggressione di una nazione nei confronti di un’altra. Di fronte a questo tipo di guerre non si può semplicemente dire che si è per la pace, bisogna inevitabilmente solidarizzare con una delle parti in conflitto. Ad esempio, nel caso della guerra tra Russia ed Ucraina è chiaro che c’è una nazione che aggredisce ed una che è aggredita. In questo caso dire che si è per la pace senza considerare il diritto degli aggrediti di difendere il loro territorio sembra un modo di lavarsi le mani. Eppure sempre più persone, in Europa e in Italia, dicono di essere per la pace e intravedono un modo per favorire la pacificazione nel non inviare più armi agli ucraini. Questo atteggiamento a me sembra profondamente sbagliato. Può essere comprensibile, a questo proposito, l’atteggiamento della Chiesa cattolica che ha una tradizione pacifista e non violenta millenaria e che mette per questo motivo poco l’accento sulla necessità di difendersi da parte di chi è aggredito. E’ molto meno comprensibile l’atteggiamento della sinistra radicale e dei populisti. La sinistra radicale sconta un vecchio pregiudizio nei confronti degli Stati Uniti e della Nato, considerati soggetti aggressivi senza tenere conto che sono passati vari decenni dalle loro ultime guerre aggressive mentre lo scettro dell’atteggiamento aggressivo è passato in altre mani, in particolare nelle mani della Russia. Il pacifismo di questa sinistra è legato a vecchi pregiudizi e non tiene, quindi, conto della nuova realtà. Essa non si rende conto che la decisione degli ucraini e dei Paesi Nato di resistere ai russi è venuta dopo vari anni di laisser faire, anni nel corso dei quali la Russia ha potuto liberamente dispiegare il suo aggressivismo in Crimea, in Siria, in Africa e altrove. Un discorso a parte meritano i populisti (in Italia i Cinque Stelle) i quali fanno i pacifisti senza avere la storia e le motivazioni della sinistra radicale. Essi danno la sensazione, anche in questo caso, di cercare il consenso popolare piuttosto che la difesa concreta e attiva di principi di giustizia e di libertà. Purtroppo l’azione congiunta della Chiesa cattolica, della sinistra radicale e dei populisti sta orientando gran parte dell’opinione pubblica europea verso un disimpegno nei confronti dell’Ucraina. E’ un’eventualità che bisogna temere e combattere perché non deve passare il principio secondo cui l’aggressore prevale sull’aggredito anche grazie al non intervento di coloro che potrebbero/dovrebbero intervenire in aiuto di chi sta per soccombere.
    Last Post by Franco Pelella il 3 April 2024
    .
  6. A PROPOSITO DEL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO ALCUNI ESPONENTI DELLA SINISTRA METTONO TROPPO L’ACCENTO SUL CONCETTO DI “PACE” E TROPPO POCO SUL CONCETTO DI “GUERRA GIUSTA”

    By Franco Pelella il 26 Mar. 2024
    0 Comments   4 Views
    .
    Da parecchi mesi alcuni esponenti politici e intellettuali di sinistra (ad esempio Michele Santoro e Massimo Cacciari) rimproverano l’Occidente (Stati Uniti e Unione europea) di non fare abbastanza per far finire la guerra in Ucraina e, di conseguenza, di non lavorare per la pace. Essi sostengono che va trovata assolutamente una soluzione lasciando intendere che l’Ucraina dovrebbe rinunciare ad alcuni suoi territori per evitare che la Russia continui la guerra e che il conflitto rischi di allargarsi fino ad una distruttiva guerra mondiale di tipo nucleare. Ma sostengono anche che il concetto di “guerra giusta” (cioè la difesa attiva dell’aggredito nei confronti dell’aggressore) è stato superato dal rischio di un conflitto nucleare innescato da questo tipo di autodifesa. Hanno ragione coloro che ragionano in questo modo? Io credo di no. Dando un valore assoluto al concetto di “pace” essi danno molto meno valore del dovuto al concetto di “guerra giusta”. Insistendo solo sulla pace essi in pratica fanno il gioco degli aggressori perché fanno intuire che ogni altro aspetto dei conflitti internazionali va messo in secondo piano e che quindi in certi casi le aggressioni possono essere giustificate. Quando essi parlano del rischio di un conflitto mondiale di tipo nucleare sollevano un problema reale ma sbagliano nel sostenere che i Paesi occidentali non tengono nel dovuto conto questo rischio. Cosa stanno facendo i Paesi occidentali che inviano in Ucraina solo armi e non soldati? Stanno cercando di opporsi all’aggressore russo evitando azioni eclatanti che potrebbero far scoppiare un conflitto globale. Ma secondo me questi politici e intellettuali sbagliano anche su altri aspetti del conflitto russo-ucraino in corso. Visto che all’Ucraina non viene fornito tutto il sostegno di cui avrebbe bisogno per opporsi decisamente all’aggressione russa sono posizioni assurde quelle di coloro che sono contrari all’invio di armi in quel Paese; in questo modo essi implicitamente fanno capire che l’Ucraina va lasciata al suo destino. Ma sbagliano anche quando sono contrari ad un aumento delle spese per la difesa da parte dei Paesi europei; in questo modo essi sottovalutano il rischio di un’aggressione russa che è invece molto reale e che ha più probabilità di essere evitata assumendo un atteggiamento deciso e non sottomesso. Qual è la conclusione del discorso? Che è giusto che continui la guerra con il rischio costante di un allargamento del conflitto a livello mondiale? No. E’ opportuno che gli sforzi diplomatici proseguano e si intensifichino. Ma a me (a molti altri no) sembra evidente che per i governi occidentali è decisivo l’atteggiamento degli ucraini; fino a quando essi riterranno opportuno difendere tutto il loro territorio verranno sostenuti attivamente. La situazione cambierebbe molto nel momento in cui essi dovessero far capire che sono disposti a fare delle rinunce significative, tali da portare alla sospensione o alla fine del conflitto.
    Last Post by Franco Pelella il 26 Mar. 2024
    .
  7. CARO CALDEROLI, LA LEGGE CHE PREVEDE IL DOPPIO TURNO PER L’ELEZIONE DEI SINDACI VA MANTENUTA PERCHE’ E’ DEMOCRATICA E PERCHE’ FUNZIONA DAL PUNTO DI VISTA PRATICO

    By Franco Pelella il 23 April 2023
    0 Comments   4 Views
    .
    Al ministro per le Riforme Roberto Calderoli non va giù il risultato finale delle elezioni comunali ad Udine, dove il candidato del centrosinistra Alberto De Toni ha sconfitto il sindaco leghista uscente Pietro Fontanini (53% a 47%) ribaltando nel secondo turno i risultati di quindici giorni prima, quando era finita con un 46% a 39% per Fontanini. Ecco quello che ha affermato sostanzialmente in un’intervista (CESARE ZAPPERI: “Via il ballottaggio. Tradisce il consenso. E nel 2024 voto diretto per le province”; Corriere della Sera, 21/4/2023) : “Il primo problema è la bassa affluenza; abbiamo una tessera che vale per una ventina di elezioni, ma spesso non sai più nemmeno dove l'hai messa e così molti cittadini non sanno che devono andare a votare. Il caso di Udine è emblematico; chi ha vinto ha preso meno voti di quanti ne aveva presi il sindaco uscente al primo turno ma così non viene rispettata la volontà popolare. I cittadini si sono già espressi una volta, non capiscono perché devono essere costretti a tornare ai seggi dopo due settimane; così non vince chi ha il consenso ma chi ha più capacità di mobilitazione degli iscritti e dei simpatizzanti. Il sistema elettorale migliore è quello delle Regionali che di norma è su un unico turno, con premio di maggioranza per chi supera il 40%”.
    E’ vero che c’è un problema generale di bassa affluenza alle urne ma sollevarla a proposito dell’utilizzo del doppio turno per l’elezione dei sindaci è un fatto evidentemente strumentale; in occasione del secondo turno di solito vanno a votare meno elettori soprattutto perché tutti coloro che erano candidati per essere eletti consiglieri comunali e che non sono stati eletti hanno molto meno interesse a sollecitare al voto i cittadini. Il risultato è che vanno a votare quasi esclusivamente i cittadini che sono più sensibili dal punto di vista politico e quindi viene eletto il sindaco che ha veramente il maggiore consenso popolare; non si tratta, quindi, di una maggiore capacità di mobilitazione di iscritti e simpatizzanti da parte di chi vince ma del fatto di poter contare sul consenso della parte più sensibile, dal punto di vista politico, della popolazione. Chi va a votare in occasione del secondo turno lo fa in modo pienamente convinto e non perché deve sostenere elettoralmente l’amico o il parente candidato; quindi va mantenuta la legge che prevede il doppio turno per l’elezione dei sindaci nei comuni sopra i 15 mila abitanti perché è una legge che funziona dal punto di vista democratico. Essa è più democratica del sistema elettorale delle elezioni regionali che di norma è su un unico turno, con premio di maggioranza per chi supera il 40%, ma funziona anche dal punto di vista pratico perché da molti anni garantisce la stabilità della vita amministrativa dei Comuni rendendo molto meno frequente che in passato lo scioglimento dei consigli comunali e il ricorso a nuove elezioni.
    Last Post by Franco Pelella il 23 April 2023
    .
  8. PELELLA FRANCO - PADRONATO E POLITICA NELL’INDUSTRIA DI TRASFORMAZIONE DELLA PIANA DEL SELE

    By Franco Pelella il 29 Mar. 2023
    0 Comments   29 Views
    .
    INTRODUZIONE

    La scelta di puntare l’attenzione sul rapporto tra il padronato dell’industria di trasformazione della Piana del Sele e la politica è nata dal fatto che negli ultimi 60 anni attorno alle figure padronali ruotò molta della storia economica e politica della Piana del Sele; nella Piana del Sele il rapporto tra padronato industriale e politica fu, fin dalla nascita delle prime industrie, molto stretto e ciò derivò in primo luogo dal potere egemonico che il possesso dell’industria conferiva ai padroni in una provincia depressa dal punto di vista economico.
    Gli elementi che resero possibil0e il perpetuarsi del rapporto tra il padronato industriale e la politica nel corso degli anni furono sostanzialmente due: il rapporto con lo Stato e lo sfruttamento politico degli operai. Il rapporto con lo Stato fu decisivo per la nascita della prima industria della Piana del Sele, quella dei tabacchifici; esso si perpetuò, poi, nel tempo con interventi vari a sostegno dell’iniziativa industriale. Per gli industriali conservieri (che, in gran parte, possiamo definire padroncini se rapportati al padrone dei tabacchifici) il rapporto con lo Stato ebbe fasi diverse. Le loro industrie nacquero come iniziative economiche non sovvenzionate dallo Stato e il bisogno dell’intervento dello Stato subentrò successivamente, nel secondo dopoguerra, in seguito alla crisi che le colpì; in questo caso il bisogno di un aiuto economico spinse una parte dei padroncini ad allacciare un rapporto con il personale politico allora dominante, in primo luogo Carmine De Martino, il padrone dei tabacchifici. Ciò consentì loro di portare avanti le iniziative industriali. Altri padroncini dell’industria conserviera non usufruirono di interventi statali a causa dei dissensi con gli uomini politici locali esponenti dei partiti di governo; ciò comportò la fine delle loro iniziative industriali. Ma l’utilizzo dell’intervento statale fu praticato anche dall’industria pubblica del tabacco e dall’industria conserviera di proprietà dell’Ente che gestì la riforma agraria nella zona; in questo caso il rapporto con la politica fu utilizzato dai nuovi padroni pubblici, specialmente i funzionari locali.
    Lo sfruttamento politico degli operai fu l’altro elemento decisivo nel consentire un rapporto tra il padronato e la politica; in questo caso il fattore predominante fu quello della stagionalità della lavorazione sia nei tabacchifici che nelle industrie di trasformazione. Il consenso politico ai vari padroni fu una conseguenza diretta delle contrattazioni annuali delle assunzioni che conferiva un grosso potere di ricatto nei confronti degli operai. La veridicità di quanto affermato è provata dalla rottura del rapporto politico tradizionale tra padronato e operai che avvenne in seguito alla fine della stagionalità della lavorazione nell’industria pubblica del tabacco; la fine della stagionalità provocò anche la fine della contrattazione annuale delle assunzioni e quindi dell’opportunità...

    Read the whole post...

    Last Post by Franco Pelella il 29 Mar. 2023
    .
  9. VOTARE ELLY SCHLEIN SIGNIFICA AGGRAPPARSI ALL’UNICA SPERANZA DI AVERE IN FUTURO UN PD RINNOVATO

    By Franco Pelella il 24 Feb. 2023
    0 Comments   6 Views
    .
    Il direttore del Corriere del Mezzogiorno Enzo D’Errico ha dedicato una parte di un suo articolo alle primarie del Partito democratico. Egli ha scritto, tra l’altro: “…Bonaccini ha stretto accordi di ferro con Emiliano e De Luca (chiamando addirittura il figlio di quest’ultimo a coordinare la sua mozione da Roma in giù): pensate davvero che, una volta eletto, cambierebbe qualcosa al Sud? Scommettereste un centesimo sulla radicale trasformazione di un partito che qui resterebbe saldamente nelle mani dei soliti noti? Lo stesso discorso, per altri versi, riguarda Schlein, che non è scesa a patti ma del Mezzogiorno sa poco o nulla (infatti ne parla molto di rado) e gode del supporto di Dario Franceschini e Andrea Orlando, figure senza dubbio stimabili e tuttavia non provenienti certo da mondi alieni”. (Le primarie dei soliti gattopardi; Corriere del Mezzogiorno, 24/2/2023).
    Non sono d’accordo. E’ vero che Elly Schlein sa poco del Mezzogiorno e che non ne ha parlato molto ma quel poco che ha detto è stato significativo: ha detto che non condivide il modo di fare politica di Vincenzo De Luca e che bisogna smetterla con i signori delle tessere e con i potentati. Inoltre non sottovaluterei il suo rifiuto della proposta (venuta non a caso da Michele Emiliano) di un ticket da realizzare dopo le primarie per i due contendenti (uno segretario e l’altro vicesegretario). Rifiutare il consociativismo mi sembra un bel segnale. E’ vero, inoltre, che a sostenere Elly Schlein sono personaggi come Dario Franceschini e Andrea Orlando, i quali sono dirigenti storici del Pd. Ma si sa che essi hanno sempre giudicato male i notabili meridionali e che se sono scesi a compromessi con loro è stato perché hanno ritenuto che non ci fossero concrete alternative. Sicuramente essi hanno le loro colpe perché hanno tollerato troppo a lungo i comportamenti scorretti di questi personaggi ma il fatto che si siano schierati con Schlein e non con Bonaccini lascia sperare che questa scelta sia anche il frutto di una riflessione autocritica sui loro comportamenti passati. Naturalmente il fatto di votare per Elly Schlein alle primarie del Pd non è una garanzia che se lei vincesse i notabili meridionali sarebbero totalmente fuori dal partito. Ma votarla significa aggrapparsi a quella che rimane, forse, l’unica speranza di avere in futuro un Pd rinnovato anche e soprattutto per questo aspetto.

    Edited by Franco Pelella - 24/2/2023, 19:02
    Last Post by Franco Pelella il 24 Feb. 2023
    .
  10. IL VOTO DELLE PRIMARIE È UN’OCCASIONE STORICA PER ELEGGERE COME SEGRETARIO DEL PD UNA PERSONA CHE VUOLE TAGLIARE IL RAPPORTO PERVERSO TRA IL GRUPPO DIRIGENTE DEL PARTITO E VINCENZO DE LUCA

    By Franco Pelella il 23 Feb. 2023
    0 Comments   3 Views
    .
    Michele Serra ha scritto un corsivo dedicato alle primarie del Partito democratico (Le due metà della politica; La Repubblica, 22/2/2023). Ecco il suo contenuto: “Parecchi amici che condividono con me una incomprensibile eppure tenace affezione per le primarie del Pd mi dicono: non so chi votare tra Bonaccini e Schlein. Ovvero (semplifico) non so scegliere tra tradizione e “salto d’epoca”, tra solidità e sfida. Non ricordo uguale incertezza nelle precedenti primarie. E’ un incertezza che condivido: deciderò, credo proprio, a pochi passi dal voto. La scelta non è facile proprio per la sua per la sua quasi perfetta “binarietà”. Di genere, di età, di mentalità politica (lui più partitico, lei più movimentista), di sguardo istintivo (lei la piazza, lui le carte con i numeri), di alleanze (lui più in grado di parlare al centro, lei alla sinistra)…Un partito di massa (se il Pd vuole essere questo) non può essere solo pragmatismo o solo identità, solo governo o solo opposizione, solo realtà o solo immaginazione. Deve essere tutte queste cose insieme, altrimenti rischia di perdere un bel pezzo della sua funzionalità…”.
    Il problema è che le scelte non sono solo quelle elencate da Michele Serra. Nel corso del confronto delle scorse settimane tra Schlein e Bonaccini sono emerse anche altri rilevanti differenze. La scelta è anche tra chi non vuole che all’interno del Pd i notabili del Sud (Vincenzo De Luca e Michele Emiliano in particolare) continuino ad avere un ruolo rilevante e chi si vuole alleare con loro, tra chi non tollera che un notabile come De Luca possa agire del tutto indisturbato comportandosi da dittatore (continuare ad insultare i dirigenti del proprio partito, far eleggere deputato il figlio, allearsi con le forze politiche di destra e con i notabili di altri partiti, accaparrarsi tutte le tessere che vuole, pretendere di fare un terzo mandato come presidente della Campania, ecc. ecc.) e chi invece fa capire che continuerà a lasciargli tutto lo spazio che vuole. Bonaccini addirittura ha promesso a De Luca che nel caso in cui egli fosse eletto nuovo segretario del Pd il figlio Piero sarebbe il suo riferimento per tutto il Mezzogiorno. In definitiva il voto delle primarie è un’occasione storica per eleggere come segretario del Pd una persona che vuole tagliare il rapporto perverso, che esiste da decenni, tra il suo gruppo dirigente e Vincenzo De Luca. E’ un’occasione che non bisogna lasciarsi sfuggire.
    Last Post by Franco Pelella il 23 Feb. 2023
    .
 
[email protected]