1. L'abbattimento delle Vele di Scampia è colpa anche di chi vi ha abitato

    By Franco Pelella il 22 Feb. 2020
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    In occasione dell’abbattimento di una delle Vele di Scampia il geografo Ugo Leone ha fatto la seguente riflessione: “…non averne impedito il degrado e la trasformazione in quello che sono diventate non è colpa delle Vele, di chi le ha progettate e di chi le ha costruite. Ma di chi non ha saputo gestirne la presenza soccombendo a differenti interessi che hanno provocato la degenerazione anche malavitosa di quegli ambienti e hanno poi portato al programma di abbattimenti” (Quell’abbattimento non è colpa di chi ha costruito; La Repubblica-Napoli, 21/2/2020). Non sono d’accordo. Il professor Leone in questa occasione manifesta lo stesso diffuso atteggiamento (che prevale all’interno della sinistra) di dare la colpa del degrado del Mezzogiorno solo alle classi dirigenti e non anche alle classi subalterne. Se gli amministratori comunali o le forze dell’ordine non hanno saputo evitare il degrado delle Vele la colpa non è solo loro (o della camorra) ma anche di coloro che hanno abitato all’interno di queste strutture. Se l’unica soluzione rimasta è l’abbattimento la colpa è anche di chi abitando nelle Vele non è stato in grado di creare un ambiente favorevole alla vita sociale.
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  2. Perchè tanti odiano il finanziere George Soros che ha speso miliardi in beneficenza?

    By Franco Pelella il 12 Feb. 2020
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    Michele Serra su La Repubblica di oggi ha giustamente elogiato l’ex calciatore della Roma Daniele De Rossi per aver dichiarato di avere abbastanza soldi. Egli ha notato che sono molto pochi coloro che fanno dichiarazioni simili e che soprattutto i capitalisti finanziari mirano all’accumulo illimitato dei propri beni. Secondo lui il loro accumulo illimitato di beni certifica la morte dell’abbastanza. Alla luce di queste riflessioni assume un notevole valore la scelta fatta, fin dagli anni ’70, dal finanziere George Soros di donare molti soldi in beneficenza e di donarli ai movimenti e alle persone che avessero una sicura fede democratica. E non si capisce perché i sovranisti ce l’abbiano tanto con lui dato che, secondo me, il fatto che egli sia un finanziere dà ancora più valore alla sua scelta. Tra le tante sue attività benefiche citiamo: 1) l’aiuto agli studenti neri per frequentare l'Università di Città del Capo nel Sudafrica dell'apartheid; 2) l’aiuto ai movimenti e ai dissidenti che operano dietro la cortina di ferro della Russia; 3) la promozione della democratizzazione non violenta negli Stati post-sovietici; 4) i 100 milioni di dollari donati per sviluppare le infrastrutture Internet per le università regionali russe; 5) i 50 milioni di dollari donati per sradicare la povertà estrema in Africa; 6) i 50 milioni di dollari spesi per fornire aiuti educativi, agricoli e medici ai poverissimi villaggi africani; 7) gli aiuti a scienziati e università in tutta l'Europa centrale e orientale; 8) gli aiuti ai civili durante l'assedio di Sarajevo; 9) il finanziamento di Transparency International.
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  3. Caro Nicola Gratteri, purtroppo a Catanzaro l'ingiusta detenzione non è un problema fisiologico

    By Franco Pelella il 9 Feb. 2020
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    All’indomani della partenza di Rinascita Scott, l’inchiesta condotta dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri che ha portato all’arresto di 334 persone e allo scompaginamento della mafia della zona di Vibo Valentia oltre che di una parte del mondo politico calabrese, mi sono chiesto perché i grandi giornali nazionali abbiano riportato la notizia nelle pagine interne senza trovare una risposta convincente. L’unica cosa di cui ero, e sono sicuro, è che la deontologia professionale avrebbe dovuto imporre ai maggiori giornalisti italiani di riportare la notizia con il risalto che meritava salvo poi fare tutte le critiche che si ritenevano necessarie. Le critiche giuste le ha fatte adesso Luciano Capone su Il Foglio del 6 febbraio scorso. Cosa ha scritto Capone? Che Catanzaro è la capitale nazionale dell’ingiusta detenzione e che i dati più aggiornati del ministero della Giustizia, contenuti nella “Relazione dei provvedimenti di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione”, lo testimoniano. Nel triennio 2016-2018 le domande di riparazione accolte sono state 349, su un totale nazionale di 2.064: vuol dire che più di un’ingiusta detenzione su 6 avviene a Catanzaro. Se si passa ai pagamenti, il dato è scioccante. Nel 2018, su 33,3 milioni di euro di indennizzi versati dallo stato per ingiusta detenzione, 10,3 milioni di euro riguardano il distretto di Catanzaro: circa un terzo del totale, circa 3 volte Roma (3,5 mln), oltre 4 volte Napoli (2,4 mln), quasi 6 volte Palermo (1,8 mln), oltre 17 volte Milano (0,6 mln). Ma c’è un altro dato anomalo: in generale, per tutte le Corti di Appello – grandi o piccole, con sedi di Direzione distrettuale antimafia o meno – il numero di richieste di risarcimento per ingiusta detenzione respinte è superiore a quelle accettate. C’è una sola eccezione: Catanzaro “il cui dato – scrive la relazione predisposta dal ministro Bonafede – è in netta controtendenza con il dato generale. Si registra un numero di provvedimenti di accoglimento delle domande di riparazione di gran lunga superiore a quello dei provvedimenti di rigetto”.
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  4. La decisione di non far sbarcare la nave Open Arms è ascrivibile solo a Matteo Salvini

    By Franco Pelella il 5 Feb. 2020
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    Segnalo un articolo di Alessandra Ziniti che dà conto dell’atto d’accusa del Tribunale di Palermo contro Matteo Salvini per il blocco della nave Open Arms. Ecco la parte iniziale: “A ferragosto, ormai in preda alla sindrome dei pieni poteri, solo contro tutti, Matteo Salvini trova nei 164 migranti da 19 giorni bloccati a bordo della Open Arms a un miglio da Lampedusa lo strumento per una «volontaria e intenzionale riaffermazione della sua linea politica, pienamente consapevole di come il rifiuto a concedere un porto alla Open Arms comprimesse i diritti fondamentali delle persone soccorse». Sequestro di persona plurimo: contro la volontà del premier Conte con cui ingaggia un duello via mail sulla sorte dei minori a bordo, nonostante il rifiuto della ministra della Difesa Trenta di cofirmare il nuovo decreto di inibizione delle acque italiane alla Ong spagnola, non tenendo in alcun conto il verdetto del Tar del Lazio che annullava il suo provvedimento né il parere (per la prima volta) favorevole del comando generale delle Capitanerie di porto all’approdo della nave. E, soprattutto, ignorando l’esito delle due ispezioni sanitarie a bordo che certificavano una situazione di assoluta emergenza. Questa volta l’ex ministro dell’Interno dovrà cambiare la sua linea difesa rispetto al caso Gregoretti: la decisione di bloccare la Open Arms (poi approdata solo grazie all’intervento risolutivo del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio) non fu certamente condivisa da un governo che stava ormai disintegrandosi. Nelle 114 pagine dell’atto d’accusa dei giudici del tribunale dei ministri di Palermo, da domani all’esame della giunta delle immunità, c’è il carteggio di mail con il premier Conte, gli atti amministrativi, persino le testimonianze di alti funzionari del Viminale, del prefetto e del questore di Agrigento a provare che quella decisione «espressione dell’attività amministrativa e non di indirizzo politico» è ascrivibile solo a Matteo Salvini…” (“Salvini agì da solo e contro il governo”. Le carte che accusano l’ex ministro; La Repubblica, 5/2/2020).
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  5. Perchè Giuseppe Conte non ha trovato ancora il tempo di rispondere alle Sardine?

    By Franco Pelella il 5 Feb. 2020
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    Segnalo l’editoriale che il direttore de La Repubblica Carlo Verdelli ha dedicato al movimento delle Sardine. Ecco la parte finale: “…Smaltita la paura del dopo voto in Emilia Romagna, tributati i doverosi e calorosi grazie all'inatteso popolo delle Sardine, la scena è improvvisamente mutata, i portoni del Palazzo si sono richiusi, il nostro affaticato governo ha varato una legge soltanto nell'intero mese di gennaio, e il suo capo, Giuseppe Conte appunto, non ha ancora trovato un minuto per rispondere alla richiesta dei volonterosi pesciolini. Lettera morta, la loro, letteralmente. Neanche un vago: grazie, vi chiamerò appena possibile. Niente. Rimandare, non irritare inutilmente gli amici grillini, che hanno già il pelo ritto di loro, nascondersi dietro le più svariate urgenze, smentire senza smentirla la disponibilità prima concessa e poi di fatto negata a un confronto con un pezzettino subacqueo ma autentico della tanto corteggiata "società civile". Niente di grave, Presidente. Domani è un altro giorno, i ragazzi non hanno pazienza, il banco delle Sardine si incarterà da solo con qualche altra mossa improvvida tipo la visita a casa Benetton, che tanti lazzi ha suscitato sulla loro indipendenza. Lasciamole nuotare ancora un po' nel loro brodo, finché un tombino le risucchierà e la superficie del mare tornerà calma e placida come prima di quel 14 novembre, esordio a Bologna di 12 mila persone, strette strette l'una all'altra, con in mano dei cartoncini colorati a forma di pesce. Una cosa mai vista, anche per Salvini, che infatti accusò, e non poco, la sorpresa. Se il Conte bis naviga ancora, è anche per quell'onda anomala e spontanea di partecipazione. Nata fuori dai partiti, dai circoli intellettuali, dai circuiti tradizionali della creazione di consenso. Sprecarne l'energia, scansandosi per evitarla ora che non serve più, non aiuterà né questo governo né la buona politica a recuperare terreno nei confronti di un Paese sempre più tentato da altre sirene (Pesci piccoli pesce grosso; La Repubblica, 5/2/2020).
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  6. L'Italia ha bisogno di più meritocrazia

    By Franco Pelella il 4 Feb. 2020
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    Secondo l’economista Stefano Zamagni una delle cause dell’indecente fenomeno dell’aumento endemico delle ingiustizie sociali che caratterizza l’attuale passaggio d’epoca è la diffusione a macchia d’olio, nel corso dell’ultimo trentennio, dell’ideologia meritocratica (Il merito? E’ frutto del talento e dell’impegno diffuso; Corriere della Sera, 4/2/2020). Non sono d’accordo. Se parliamo dell’Itallia tutto si può dire meno che gli ultimi decenni siano stati caratterizzati dalla diffusione a macchia d’olio dell’ideologia meritocratica. Non è forse vero che la cronaca e le ricerche sociali più diffuse ci danno un quadro dell’Italia come di un Paese affetto endemicamente da clientelismo e familismo? Non è forse vero che soprattutto nel Mezzogiorno sono innumerevoli gli episodi che raccontano di un’ideologia meritocratica fa molta fatica ad affermarsi perché ad essere favoriti nell’accaparramento delle risorse pubbliche sono quasi sempre gli amici degli amici? E’ vero che la meritocrazia, se portata all’eccesso, può provocare varie ingiustizie ma in Italia, in questo momento, non c’è bisogno di meno meritocrazia ma di più meritocrazia.
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  7. Il potere intimidatorio della mafia resiste ma non è paragonabile a quello che essa aveva in passato

    By Franco Pelella il 3 Feb. 2020
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    Commentando il discorso fatto dal procuratore capo di Palermo Franco Lo Voi all’inaugurazione dell’anno giudiziario Attilio Bolzoni ha scritto le seguenti parole: “Sta succedendo che la mafia è profondamente cambiata nonostante la rappresentazione folcloristica che a volte noi giornalisti ne facciamo, come struttura militare è l’ombra di sé stessa rispetto a vent’anni fa, il suo potere intimidatorio resiste ma non è paragonabile a quello che aveva, è una mafia che si mischia con quei colletti bianchi (noi preferiremmo definirli neri) citati dal procuratore Lo Voi, che si confonde e confonde” (La nuova mafia che corrompe; La Repubblica, 3/2/2020). Sono d’accordo con Attilio Bolzoni. Il potere intimidatorio della mafia resiste ma non è paragonabile a quello che essa aveva in passato. Ma non tutti condividono questa convinzione. Molti, pur trattandosi spesso di persone che hanno una profonda conoscenza del fenomeno, sono sicuri che la mafia dei colletti bianchi è peggiore e più pericolosa della mafia classica. Non è, però, così. Oggi è più facile resistere ad una mafia non più sanguinaria come quella del passato, una mafia che negli scorsi decenni ha lanciato una sfida allo Stato ricorrendo anche alle stragi e all’uccisione dei politici e dei giudici più impegnati a combatterla.
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  8. Boris Johnson, Nigel Farage e Donald Trump dicono stronzate e non sanno nemmeno cosa sia la verità

    By Franco Pelella il 2 Feb. 2020
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    Segnalo un intervista allo scrittore britannico Philip Pullman a proposito della Brexit. Ecco la parte, secondo me, più rilevante: «…Come hanno notato la scrittrice turca Ece Temelkuran e poi Harry Frankfurt in “On Bullshit”, “Sulle stronzate”, le persone che dicono la verità sanno bene cosa sia, quelli che dicono il falso anche, per poter mentire. Ma i “bullshitter”, coloro che dicono stronzate, non sanno nemmeno cosa sia la verità. Perché pensano solo alla performance. Questi sono Boris Johnson, Nigel Farage e Donald Trump, i vincitori di questi ultimi anni. Così il popolo viene scatenato conto i politici “inaffidabili” e il Parlamento, come abbiamo visto, mentre su Internet si leggono solo verità “personali”. Le bugie sono istantanee, la verità arriva molto dopo. E’ come essere vicini di una famiglia rumorosa: il loro chiasso può entrare in casa tua, invece il tuo silenzio non può fare lo stesso da loro. Il rapporto tra vero e falso è diventato asimmetrico. E così cattiveria e stupidità si confondono sempre di più. Parafrasando il poeta tedesco Schiller, contro questa nuova stupidità gli stessi dei lotteranno invano. Le conseguenze saranno nefaste»…(ANTONELLO GUERRERA: Philip Pullman “Ha vinto chi racconta un sacco di balle”; la Repubblica, 2/2/2020)
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  9. Non sempre la sinistra deve combattere frontalmente le battaglie di principio

    By Franco Pelella il 1 Feb. 2020
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    Michele Serra ha fatto un’opportuna riflessione sul fallimento della battaglia del Partito democratico degli Stati Uniti per portare all’impeachment Donald Trump. Egli si è chiesto: “E’ sbagliato combattere una battaglia già perduta in partenza, come hanno fatto i dem americani, solo per onorare una questione di principio?” (Il rischio peggiore; La Repubblica, 1/2/2020). La sua risposta è che i democratici degli Stati Uniti non hanno sbagliato perché vale la pena di combattere una battaglia giusta anche se alla fine si perde. La mia opinione è che la risposta di Michele Serra non è condivisibile. E’ da una vita che la sinistra radicale, italiana e mondiale, si batte per difendere questioni di principio ma ciò non la fa uscire dal minoritarismo. Ciò vuol dire che tutte le battaglie di principio sono sbagliate? No. Bisogna distinguere. In certi casi essa è l’unica opzione esistente e quindi va combattuta ma in altri casi per evitare di subire cocenti sconfitte bisogna scegliere di combattere battaglie non frontali ma più articolate, Questo, secondo me, avrebbero dovuto fare i democratici statunitensi. Invece un esempio di battaglia di principio giusta, anche se non ha pagato dal punto di vista elettorale, è stata quella di uscire dal Partito democratico a guida renziana da parte di Speranza, Bersani, Grasso nel 2017 visto che allora nel Pd non c’era alcuno spazio per le voci dissidenti e non c’era alcuna possibilità che l’atteggiamento autoritario di Matteo Renzi cambiasse.
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  10. Le notevoli tutele e cure utilizzate contro le epidemie sono una conquista delle ultime generazioni

    By Franco Pelella il 29 Jan. 2020
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    Segnalo un corsivo di Michele Serra sui miglioramenti, rispetto al passato, delle tutele e delle cure che si utilizzano per affrontare le epidemie. Ecco il testo: «Per capire a che punto siamo, lungo l’impervio cammino della civilizzazione, proviamo a immaginare gli effetti che avrebbe avuto, nella Cina di cento anni fa, un’epidemia come quella in corso. Quali fossero, in quell’immenso Paese, l’igiene domestica e l’igiene personale; lo stato degli ospedali; le conoscenze mediche e farmacologiche. Lo stesso concetto di “allarme sanitario”, con misure pubbliche severe ed estese, eserciti di addetti mobilitati, città vuote, scuole chiuse, visione globale dell’emergenza (l’Organizzazione mondiale della sanità muove i primi passi nel 1948) era impensabile. E non solo in Cina. Esattamente cento anni fa la “spagnola” uccise circa il tre per cento dell’umanità. È come se oggi morissero di influenza più di duecento milioni di persone. In Europa vigeva la censura di guerra, le notizie sulla virulenza dell’epidemia circolarono poco. Altro che “allarme sanitario”, altro che telegiornali di tutto il mondo che diffondono il bollettino dei morti e dei contagiati, e gli aggiornamenti sulle cautele da prendere. Le autorità cinesi (espressione di una dittatura) sono più loquaci e collaborative di quanto furono le democrazie europee, che si odiavano l’un l’altra, negli anni Dieci del secolo scorso. Il Novecento, con le sue guerre e i suoi genocidi, nella sua seconda metà è stato anche il secolo del Progresso, ovvero di un miglioramento delle condizioni di vita mai visto prima, e del Welfare, ovvero della gestione sociale della povertà e della malattia. La quantità di tutele e di cure che ci paiono naturali, dovute, sono una conquista delle ultime tre o quattro generazioni. Se vogliamo migliorare, non dobbiamo mai dimenticare quanto siamo migliorati» (La cinese e la spagnola; La Repubblica, 29/1/2020).
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