1. ISAIA SALES – Sistema Salerno dal Comune alle coop un uomo solo al comando; La Repubblica – Napoli, 8/11/2021

    By Franco Pelella il 10 Nov. 2021
     
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    L’inchiesta della Procura di Salerno, che ha coinvolto direttamente il presidente della regione Vincenzo De Luca (qualora le accuse venissero confermate) evidenzia il ruolo centrale che le cooperative sociali hanno assunto nella gestione di importanti servizi comunali. Ciò non vuole dire che in tutti i comuni che hanno fatto questa scelta ci siano stati problemi di corruzione, di voto di scambio, di proroga illegale degli appalti e quant’altro si è verificato a Salerno. L’unico precedente conosciuto in cui le cooperative sociali sono state al centro di una clamorosa inchiesta giudiziaria ha riguardato il comune di Roma e ha preso il nome di “Mafia capitale”: identico il monopolio delle cooperative sociali negli appalti nei servizi comunali, identico il condizionamento delle cooperative sugli apparati politici e burocratici delle due città.
    Ci sono, naturalmente, anche notevoli differenze: non si è riscontrata finora la stessa circolazione di bustarelle e di mazzette che caratterizzò l’inchiesta romana e non si è verificato lo stesso condizionamento criminale che, mafia o non mafia, si è comunque registrato nella capitale d’Italia. Le minacce e l’uso della violenza ricattatoria si sono manifestate nel voto piuttosto che nella assegnazione degli appalti. E di ciò bisogna prendere atto. Ma tutto ciò, se non emergeranno altri particolari, ha una spiegazione molto semplice: il sistema venuto fuori con “Mafia capitale” era policentrico, si basava cioè su molteplici centri decisionali, a Salerno ha tutta l’aria di essere monocratico. Infatti, mentre a Roma il controllo dell’intero sistema era nelle mani di Buzzi e Carminati, e quindi di persone esterne al sistema politico, partitico e amministrativo romano, a Salerno la catena di comando sembra essere nelle mani di una sola persona in grado di asseverare a sé l’apparato burocratico, i livelli politici, partitici, e ogni altro centro decisionale. Quando è una sola persona a prendere decisioni per tutti, o quando tutti quelli che possono decidere debbono chiedere il permesso in alto, ciò comporta che i richiedenti di determinati benefici (o di decisioni fuori dalle regole) si rivolgano alla piramide del sistema, trascurando i livelli politici e burocratici intermedi. In questo modo, si riducono anche i passaggi in cui (in altri contesti) girano soldi, mazzette e varie regalie. Insomma, i sistemi piramidali di comando sono più semplici da scalare e da orientare verso i propri interessi perché essi chiedono in cambio, in linea di massima, la merce politica più appetibile, cioè il consenso elettorale. Quando comanda uno solo tutto si semplifica e diventa più veloce l’intermediazione.
    Ciò non vuol dire che negli interstizi di questo meccanismo decisionale non circolino soldi e benefici per chi agevola i vari passaggi, ciò non esclude che non ci possano essere anche condizionamenti criminali. E spesso i beneficiari spendono i soldi che hanno guadagnato (con il monopolio degli appalti ottenuto) con feste, cene, acquisto di tessere per il partito del capo, mobilitazione eccezionale per comizi o altre iniziative elettorali, pagamento di manifesti e di altre forme di propaganda. De Luca potrebbe, in ogni caso, sostenere di aver realizzato un “socialismo municipale” in cui i detentori dei mezzi di produzione comunali comandano sugli altri ceti e perfino personaggi di quartiere possono diventare consiglieri regionali o importanti imprenditori dei servizi.
    I sistemi piramidali di potere si somigliano tutti, sia quelli che vedono alla loro testa uomini di destra o uomini di sinistra, sia che siano dominati da Berlusconi o da De Luca. Ma mentre Berlusconi non ha portato i figli in politica, lasciandoli ai vertici delle aziende di famiglia, De Luca non avendo aziende di sua proprietà è stato “costretto” a promuoverli entrambi in politica. Di questo sistema si può essere tutt’al più soci di minoranza ma mai alleati, perché è basato su di un vertice unico, un solo dominus, un solo distributore delle opportunità.
    Si tratta, quindi, di un sistema totalitario, nel senso che in democrazia può assumere questo aggettivo: controllare in maniera totale e ossessiva le fonti di lavoro derivanti dall’attività amministrativa (da una variante al piano regolatore ai collaudi, dall’acquisto della cancelleria ai fornitori delle luminarie, fino all’affissione dei manifesti); subordinare totalmente la macchina burocratica coinvolgendola nelle opportunità (quanti figli di funzionari ci sono nelle società partecipate e nelle cooperative?); bloccare l’opposizione coinvolgendola nella gestione di alcune clientele (per fortuna alcuni si sono sottratti); includere nel sistema i controllori (stampa, Tv, ordini professionali, prefettura e magistratura).
    L’inchiesta sembra, dunque, essere il primo passa per far luce su un sistema totalitario “includente” di tutti gli eventuali controllori, ed “escludente” per ogni oppositore, sia esso compagno di partito, giornalista, sindacalista, scrittore o chiunque abbia avuto l’ardire di contestarlo.
    E come in tutti i sistemi basati su di un autocrate, si ricorre al condizionamento assoluto dell’informazione per potere manipolare la realtà a proprio piacimento, anche conquistando le redazioni dei giornali, occupando alcune tv locali e addirittura per più di 20 anni curando in proprio un appuntamento televisivo in cui sbeffeggiare e ridicolizzare gli avversari, fornendo una versione alterata e trionfalistica delle vicende amministrative con uno stile tra Sgarbi, Cito (ex sindaco di Taranto famoso per i suoi sermoni televisivi) e Vanna Marchi. Non c’è un solo caso simile in Italia. Comincia così il mito della “Salerno città meglio amministrata d’Italia”, “Salerno città più bella d’Europa”, cioè una città caput mundi che provoca l’interesse della stampa e degli altri media nazionali, colpiti dal tono da ayatollah, da violento e volgare offensore di ogni suo contestatore e dagli spiccati contenuti anti-napoletani arrivati al punto di sostenere che “i napoletani sono geneticamente ladri”.
    Poi il sistema De Luca si è spostato in regione Campania mantenendo le stesse caratteristiche. Anche alla guida della regione è rimasto un uomo politico salernitano con una mentalità localistica, confondendo la regione Campania per un Municipio. De Luca è restato fino in fondo un patologico municipalista, visione che ha rappresentato la sua potenza e il suo limite più profondo.
    In conclusione, il sistema Salerno insegna che la via del successo in politica non è solo un problema delle qualità dei singoli ma del silenzio, della compiacenza, del coinvolgimento di tanti che non hanno fatto il loro dovere. La via del successo è lastricata dalla vigliaccheria oltre che dalle circostanze storiche favorevoli. E di queste vigliaccherie e di queste circostanze favorevoli parleremo nel prossimo articolo.
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