1. Le Regioni non hanno ridotto i divari territoriali ma i politici hanno dato ad esse sempre più poteri

    By Franco Pelella il 28 Nov. 2020
     
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    Corrado Augas ha scritto che “Una delle sciagure che abbiamo constatato in questi mesi è l’enorme differenza di capacità assistenziali tra una regione e l’altra” e ha riportato una dichiarazione del marzo scorso a L’Espresso del professor Walter Ricciardi: “Il modello federale di per sé non è un errore ma lo è il modo in cui è stato realizzato in Italia. Non tiene conto degli incredibili divari che si sono creati fra Nord e Sud. E’ impensabile che a Catanzaro si via quattro anni in meno rispetto a Milano, che le donne siciliane muoiano di tumore al seno più delle connazionali emiliane perché al Sud si fanno meno screening e che per curarsi i campani debbano migrare in Lombardia” (La sanità depredata e quel clima da Caporetto; La Repubblica, 27/11/2020). La mia opinione è che i divari non sono stati creati dalle Regioni (preesistevano già alla loro nascita nel 1948) ma esse non hanno contribuito a ridurli. Il punto è che il permanere delle differenze regionali è stato segnalato molto tempo fa da molti studiosi ma la politica è andata avanti imperterrita nel dare sempre più poteri alle Regioni (nel 1999 è stata introdotta l’elezione diretta dei presidenti e nel 2001 c’è stata la riforma del Titolo V della Costituzione) senza preoccuparsi di introdurre meccanismi legislativi che provvedessero a far sì che lo Stato centrale si prendesse cura della riduzione dei divari. Il più famoso degli studi che hanno dimostrato che le Regioni non avevano ridotto il divario preesistente tra Nord e Sud è stato quello condotto dal sociologo statunitense Robert Putnam [Making democracy work: civic traditions in modern Italy, Princeton University Press, 1993 (trad. it, La tradizione civica nelle regioni italiane, Arnoldo Mondadori Editore, 1993)]. La ricerca ebbe un grande clamore ma, evidentemente, i politici hanno fatto orecchi da mercante.
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