1. Il punto maggiormente dolente del modo di vita lombardo è quello di aver espresso una classe dirigente non all’altezza

    By Franco Pelella il 19 April 2020
     
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    Michele Serra si è chiesto se è giusto criticare il modo di vita lombardo in questo momento tragico (La religione del lavoro; La Repubblica, 18/4/2020). La sua risposta è stata sostanzialmente di si. Egli ha scritto che c’è sicuramente un nesso tra la cultura dello sviluppo ad ogni costo e la cecità per la quale l’idea di interrompere la produzione è parsa a padroni e salariati peggio della strage, qualcosa di inconcepibile che avrebbe messo fine a una corsa da sempre concepita come infinita. Quello che, però, secondo me, manca nell’articolo di Serra è una riflessione sul rapporto che esiste tra la cultura dello sviluppo e la classe dirigente che viene fuori da questa cultura. Perché il punto maggiormente dolente del modo di vita lombardo è sicuramente questo, quello di aver espresso una classe dirigente palesemente non all’altezza del suo compito. La dirigenza leghista lombarda (ma anche quella di Forza Italia e della destra in generale) è fatta di persone che hanno come scopo principale quello di difendere la cultura dello sviluppo e che hanno sostanzialmente lo stesso difetto di padroni e padroncini, quello di pensare quasi esclusivamente ai propri interessi e poco o niente a quelli generali. Il risultato è una scarsa cultura e l’incapacità di essere solidali con chi è esterno al territorio. E anche i vari scandali che a partire dal 1993 hanno coinvolto vari personaggi politici di centro-destra (da Dulilio Poggiolini a Roberto Formigoni a Mario Mantovani) sono iscritti nella stessa logica, quella di mettere il proprio interesse personale al primo posto.
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