1. L'Amaca di Michele Serra - VERSIONE NON DEFINITIVA

    By Franco Pelella il 6 Jan. 2012
     
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    L'Amaca di Michele Serra: un osservatorio
    privilegiato della società italiana


    di Franco Pelella



    INTRODUZIONE
    Il buon giornalismo intuisce in anticipo le cose nuove ed importanti che avvengono in campo politico e sociale. La scoperta avviene principalmente attraverso la ricerca delle cose strane, delle cose inusuali che succedono (o che possono anche non succedere) nella società e nella politica. Le notizie strane sono indizi che servono ad avviare una più approfondita analisi del perchè avvengono (o non avvengono) certe cose. Alcuni giornalisti (in Italia Michele Serra, Massimo Gramellini, Marco Travaglio, Francesco Merlo, Curzio Maltese, Furio Colombo, Mario Pirani, Concita De Gregorio, Barbara Spinelli, ecc., ecc.) riescono a capire prima e meglio di altri i problemi politici e sociali emergenti.
    Ma può il giornalismo essere annoverato tra le forme di conoscenza della realtà che hanno piena dignità culturale? Può essere collocato a pieno titolo tra le forme di approccio alla realtà sociale che fanno uso di un paradigma, come quello indiziario, utilizzato da molte scienze, non solo di tipo sociale? (2). La risposta è affermativa perchè il lavoro giornalistico, se condotto seriamente, gode di una sua specificità culturale che lo rende una forma di approccio privilegiato alla conoscenza della realtà. I motivi sono vari: a) l'indagine giornalistica permette di individuare e segnalare problemi in modo assai più sollecito di altri tipi di intervento; b) spesso su tematiche difficili, come l'immigrazione clandestina o la criminalità, la ricerca ufficiale presenta ampi vuoti di conoscenza; a questi vuoti ha supplito la stampa quotidiana e periodica, e a volte lo ha fatto molto bene; c) la natura indiziaria dei dati che, spesso, vengono raccolti; tale metodo di raccolta si può trasformare in un vantaggio anzichè in uno svantaggio allorquando permette di evitare le secche metodologiche in cui a volte ricadono le scienze sociali. Ciò significa che l'utilizzo delle tecniche necessarie per portare avanti le ricerche (sociologiche, psicologiche, antropologiche, ecc.) rischia o di non permettere l'analisi tempestiva del problema sociale individuato o di rendere particolarmente complicato l'approccio ad esso; questo accade particolarmente quando l'argomento della ricerca è scottante e i testimoni diretti reticenti. E' assai difficile condurre ricerche sociologiche attendibili su problematiche come la criminalità o le fonti di reddito delle persone interrogando direttamente i protagonisti o consultando la documentazione disponibile; in questo caso è preferibile ricorrere ai dati indiziari forniti da testimoni attendibili se non si vuole rischiare l'ignoranza completa sul problema sociale indagato (3).

    IL METODO INDIZIARIO DI MICHELE SERRA
    Michele Serra tiene da molti anni quotidianamente la rubrica “L’amaca” su “La Repubblica”. Ogni giorno, utilizzando spesso un metodo di tipo indiziario, sulla base di notizie relative a cose strane che accadono (o non accadono), descrive le novità della politica e della società italiana. Egli è mosso da un orientamento politico di sinistra (una sinistra moderna e non settaria) e da saldi principi morali; ciò lo porta ad indignarsi e ad ironizzare sulle quotidiane miserie offerte dalla società e dalla politica italiana. Utilizzando il suo particolare metodo egli è in grado di descrivere l’evoluzione della società italiana meglio di tanti sociologi; ciò lo conduce ad evitare le secche del ritualismo e del metodologismo eccessivo e rende la sua analisi fresca ed ironica. Quasi sempre la citazione di un fatto particolare conduce a riflessioni più generali sull'evoluzione o sull'involuzione della politica o della società. Non sempre la notizia strana è l'occasione per riflettere sui problemi sociali sottostanti; la notizia strana può essere anche l'occasione per sottolineare la psicosi o l'anormalità di persone o personaggi.
    La visione della realtà di Michele Serra è pessimistica. Egli tende a sottolineare i numerosi eventi negativi della nostra epoca. Alcune tematiche, in particolare, ritornano nelle sue note: Berlusconi; la Lega Nord; il degrado della società; la crisi della sinistra; l'arretratezza della destra; il degrado dei mass-media. Sono queste le sue ossessioni e su queste in particolare esercita le sue riflessioni quotidiane.
    In certi casi il metodo di Michele Serra raggiunge una notevole efficacia. Con una nota scritta nel luglio del 2010 egli, riferendo una notizia particolare (una cantante campana che, per aggirare il divieto della Sovrintendenza, ha trasformato una conferenza stampa nella Reggia di Caserta in una festa di nozze), ha colto l’occasione per fare alcune amare considerazioni sulla disinvoltura etica della nostra epoca. In questa notizia, secondo Serra, ci sono i tratti salienti di quest'epoca: l'estrema disinvoltura etica, l'uso privato del pubblico, il mito dello spazio come riscatto sociale, il bagordo dispendioso, l'importanza della notizia sui giornali (4). Con un'altra nota, scritta a settembre del 2010, ha praticamente, ed in modo quasi isolato, previsto anticipatamente la sconfitta elettorale della Lega Nord alle elezioni amministrative avvenute a maggio del 2011. Egli, infatti, sottolineando che stavano spuntando un pò dappertutto nel Nord bandiere e altri oggetti tricolori, ha notato il crescente fastidio di molti italiani del Nord nei confronti della Lega Nord (5).

    BERLUSCONI
    L'argomento primario nelle note di Michele Serra, quello più ricorrente, è costituito dalle riflessioni relative a Silvio Berlusconi. Dopo circa vent'anni di governo da parte di quest'uomo, dopo che per tutto questo tempo egli ha monopolizzato il potere, aggiungendo a quello mediatico e a quello economico anche il potere politico, non poteva essere diversamente. Era inevitabile che chi segue quotidianamente le vicende politiche e sociali del nostro Paese facesse frequenti riflessioni su come si è potuto giungere a questo punto, come si è potuto cioè consentire al Cavaliere di fare tutto quello che ha fatto senza contrastarlo adeguatamente. Serra se la prende innanzitutto con sé stesso sostenendo che la colpa di quello che è successo è di tutti, anche degli oppositori, perchè non sono stati capaci di impedire che avvenisse questo degrado delle istituzioni e del Paese (6). Ma poi si chiede più volte come è stato possibile che Berlusconi abbia avuto un consenso così grande. Una spiegazione è che abbia consentito agli italiani peggiori di identificarsi con lui; molti hanno pensato che i loro comportamenti deteriori, di cui in parte si vergognavano, siano adesso giustificabili perchè sono gli stessi comportamenti del capo del governo (7). Ma molto si spiega con la tendenza innata al servilismo di molti italiani. In particolare è sconcertante la clacque che applaude anche alle sue battute più sconce senza provare alcuna vergogna; secondo Serra questi sono gli uomini peggiori (8). Sono sconcertanti, però, anche coloro che subiscono gli insulti di Berlusconi senza fiatare (9) e le escort che parlano con entusiasmo della loro ammissione alla corte di Arcore senza accorgersi di essere utilizzate come schiave dal loro signore e padrone (10). Serra se la prende anche con coloro i quali dicono che molte critiche a Berlusconi vengono fatte per invidia; egli si meraviglia del fatto che costoro non si rendono conto che non c'è molto da invidiare nel comportamento di Berlusconi e che sono ben altre le preoccupazioni, i sogni e le invidie di milioni di italiani. Egli si chiede come si possano invidiare cose così squallide come le cene di Arcore, con un signore anziano che parla e racconta barzellette da solo per ore mentre altri due o tre anziani e una diecina di ragazze lo ascoltano adoranti (11). Secondo lui esistono oramai due Italie inconciliabili tra di loro perchè ispirate a valori completamente diversi tra di loro, da un lato il servilismo dall'altro la dignità della propria libertà (12). Ma egli nota anche che Berlusconi deve essere visto come una specie di malattia perchè ci costringe tutti a ripetere da anni le stesse cose, a meravigliarci delle nefandezze compiute, facendoci sprofondare nella noia (13).
    Serra ricorda che Berlusconi era sceso in politica perchè voleva contrastare il cosiddetto “teatrino della politica” ma poi non ha fatto altro che ereditare le peggiori abitudini della politica italiana: “Trattative sottobanco, maneggi di corridoio, cene notturne, abboccamenti anche molto loschi per rimanere in sella appena qualche giorno o qualche settimana in più, come l'ultimo dei democristiani” (14). Il punto più basso è stato raggiunto con la compravendita alla luce del sole di deputati e senatori per evitare le dimissioni da capo del governo. Serra commenta che il danno che Berlusconi ha fatto alla destra italiana è incalcolabile (15). La destra austera e moralmente irreprensibile che ha fatto parte a pieno titolo della tradizione politica italiana esce con le ossa rotte dall'esperienza berlusconiana. Ma anche la sinistra, che non è stata capace di contrastare l'ascesa e il trionfo politico di Berlusconi, non ne esce molto bene. Egli si chiede anche come abbia potuto Berlusconi aver avuto un rapporto così diretto con Craxi, quando egli era ancora segretario di un partito tradiziionale della sinistra italiana come il Partito Socialista (16). La risposta, che in questo caso Serra non dà, è che con la gestione Craxi gran parte dei socialisti hanno abdicato alle migliori tradizioni del socialismo italiano. Non a caso, dopo la dissoluzione del Partito Socialista, molti ex socialisti sono passati con la destra ed alcuni hanno assunto ruoli di primo piano (Brunetta, Frattini, Sacconi, ecc.).
    Serra dice che Berlusconi non è un liberale, come pretende di essere. Non è un liberale perchè, come ha scritto Piero Ostellino sul Corriere della Sera, il fine del liberalismo è quello di avere “una società dove gli individui godano della più ampia autonomia alla sola condizione di non arrecare danno agli altri” (17). Sulla base di questa definizione di liberalismo Serra afferma con sicurezza che non è da liberali nominare ministro o deputato le proprie favorite perchè in tal modo si cancella ogni titolo di merito effettivo e si cancella la volontà popolare. Ma, secondo lui, Berlusconi è anche bigotto perchè davanti alle manifestazioni degi studenti non ha saputo fare altro che dire che i veri studenti stanno a casa a studiare e queste sono affermazioni tipiche della destra benpensante e reazionaria (18).
    Secondo Michele Serra la cosa in cui Berlusconi è riuscito meglio è stata la sostituzione della realtà con una rappresentazione della stessa. Egli è riuscito a convincere gli italiani di vivere in un Paese completamente diverso da quello che esso effettivamente è. Qualcuno ha definito l'esperienza berlusconiana come un Truman Show. Il Cavaliere, da perfetto venditore di spot, ha costantemente rappresentato un'Italia migliore di quello che è; da qui il ricorso, con tranquillità, ai trucchi e alle bugie. Serra fa l'esempio del tentativo scandaloso del governo Berlusconi di evitare, sulla base di una semplice promessa di non fare ricorso momentaneamente all'energia nucleare, che si svolgesse il referendum già programmato e della telefonata alla Questura di Milano con la quale il Cavaliere ha sostenuto che la giovane marocchina Ruby era una nipote di Mubarak (19).
    Serra è colpito anche dalle sconcertanti notizie derivanti dal conflitto d'interesse, dal rapporto personale di Berlusconi con Putin e dal rapporto con la Chiesa cattolica. Egli saluta con favore il dibattito aperto dal filosofo Vito Mancuso a proposito della proprietà, da parte di Berlusconi, della casa editrice Mondadori ma nota che molti intervenuti nel dibattito non sembrano essersi resi conto dell'enormità del problema. Ma sottolinea anche le notizie di stampa che informano degli introiti pubblicitari della Rai e di Mediaset; secondo lui è sconcertante il fatto che a fronte di un'aumento degli ascolti della Rai nel 2011 si riscontri una diminuzione degli introiti pubblicitari mentre, al contrario, a fronte di una diminuzione degli ascolti Mediaset faccia registrare un aumento degli introiti (20). Rispetto a Putin egli nota, innanzitutto, che il rapporto personale tra i due leader crea una inquietante commistione tra affari personali e affari di Stato ma sottolinea anche che questo rapporto impedisce al Governo italiano di assolvere compiutamente il proprio dovere. Serra scrive che negli ultimi anni non si è registrata alcuna condanna delle restrizioni alle libertà personali che avvengono quotidianamente in Russia ma non si è neanche condannata l'assurda adesione, da parte della Russia, al boicottaggio del Premio Nobel per la pace da parte della Cina dopo che esso era stato assegnato al dissidente Liu Xiaobo (21). Egli, infine, è sconcertato dal persistente silenzio della Chiesa cattolica sulla condotta di vita dissoluta di Berlusconi. A lui sembra assurdo che le gerarchie cattoliche tacciano sulla condotta di Berlusconi solo per avere in cambio le elemosine governative alle scuole cattoliche o alle proprietà immobiliari della Chiesa (22). Sicuramente alle gerarchie cattoliche interessano anche le posizioni politiche della destra sulla famiglia, sui gay, sul testamento biologico, sulle cellule staminali, sulla pillola del giorno dopo, ecc. Ciò non toglie che l'assurdità dei comportamento delle gerarchie cattoliche rimane.

    LA LEGA NORD
    La Lega Nord è in cima ai pensieri di Michele Serra. Sono innumerevoli le note che egli dedica al partito di Bossi. E sono tutte riflessioni negative sulle caratteristiche che ha assunto un movimento che ai suoi inizi intendeva rappresentare qualcosa di rivoluzionario Serra critica senza pietà un partito che ha ormai assunto tutte le caratteristiche della vecchia Democrazia Cristiana perchè si trova a suo agio nel teatrino della politica romana dato che sembra tutto proteso ad accaparrarsi ministeri e poltrone varie, per i quali è disposta a fare i peggiori compromessi, anche a votare i provvedimenti più assurdi e a chiudere gli occhi sulle numerose leggi ad personam confezionate dagli avvocati del Cavaliere (23). Ma Serra cita anche altri episodi non edificanti. Nel caso delle quote-latte i leghisti hanno difeso i coltivatori disonesti che, per frodare il fisco, hanno dichiarato una produzione di latte minore di quella effettiva (24).
    Una delle colpe maggiori che Serra imputa alla Lega Nord è quella di aver esaltato l'ignoranza; in questo modo è venuta meno ad uno dei compiti fondamentali della politica, quella di elevare culturalmente il popolo. I risultati sono desolanti: due militanti leghisti che parlano in radio con un'assoluta povertà di linguaggio (25) oppure un'assessore veneto che dice che non bisogna più organizzare corse di maratona perchè a vincere sono sempre negri in mutande (26). Giustamente a questo proposito egli parla di idiozia, che è uno stadio precedente ed inferiore al razzismo. Serra dice anche che è inutile che il Governatore del Veneto si lamenti di una fiction Mediaset nella quale recita un attore che interepreta la parte di un bergamasco tonto; sono stati i leghisti ad esaltare eccessivamente le radici locali ed è naturale che da questi discorsi escano fuori le macchiette locali (27). Ma la Lega non ha solo esaltato l'ignoranza; essa spesso è composta da personale politico che si dimostra ignorante anch'esso. Serra critica il Governatore del Veneto Luca Zaia il quale, dopo l'alluvione che ha colpito la sua regione, se l'è presa con il governo che, a suo dire, ha finanziato il sito archeologico di Pompei e non la ricostruzione delle zone alluvionate del Veneto. Il suo commento è che una caratteristica delle classi dirigenti è stata sempre quella di elevare culturalmente il popolo ma, nel momento in cui un dirigente politico parla come l'ultimo degli ignoranti, egli è venuto meno ad uno dei suoi compiti fondamentali.
    Serra poi attacca il leghista Castelli che ha criticato Michele Santoro dicendo che, dato che lui lavora per una televisione pubblica, è un privilegiato. Serra rimprovera a Castelli che l'ultimo a poter parlare è lui perchè appartiene ad un partito lottizzatore che ha ficcato nella Rai gente di nessun prestigio professionale e ad una maggioranza che ha imposto trasmissioni di totale insuccesso. Secondo Serra se invece di berciare contro “la Rai rossa” la Lega avesse impiegati gli ultimi vent'anni a studiare, pensare, lavorare sodo, dotandosi di un ceto intellettuale appena dignitoso oggi non scaricherebbe il proprio fallimento politico ed economico sulle spalle di chi, come Santoro, ha stravinto, facendo stravincere l'azienda che lo ha scaricato (28).
    Serra imputa alla Lega la pretesa di rappresentare tutto il Nord mentre ciò non è vero. Egli segnala che molti settentrionali avvertono con sempre maggiore fastidio questa pretesa. Una riprova di ciò si è avuta in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia: le bandiere tricolori sono spuntate dappertutto al Nord. Questo, secondo Serra, è un segno evidente del sempre minore consenso riscosso dalla Lega. Facendo queste riflessioni Serra, praticamente e quasi isolatamente, ha predetto otto mesi prima la sconfitta della Lega alle elezioni amministrative di maggio 2011 (29). Ma Serra nota anche che, vergognosamente, alcuni giovani che portavano in giro la bandiera tricolore a Venezia sono stati ripetutamente insultati dai leghisti che li hanno chiamati comunisti. Il suo commento è che evidentemente per i leghisti le parole “italiani” e “comunisti” sono la stessa cosa (30). Egli registra anche le lamentele dei veneti per la scarsa mobilitazione che si è registrata nelle altre regioni italiane dopo l'alluvione che ha colpito ampie zone della regione. Il suo commento è che questa scarsa mobilitazione era prevedibile dopo che si è fatto di tutto per acuire i contrasti sottolineando le differenze tra le diverse aree del Paese (31).
    Serra si meraviglia, poi, delle numerose reazioni all'affermazione di Gianfranco Fini che la Padania non esiste. Il suo ragionamento è che se tante persone hanno protestato per un'affermazione così ovvia vuol dire che ciò è dovuto al fatto che fino ad ora la stessa cosa non è stata detta con la necessaria chiarezza da altri politici. Ciò è stato dovuto, secondo lui, a mansuetudine, opportunismo o rispetto politico per il movimento leghista. Ma, commenta, il rispetto doveva essere portato innanzitutto alla realtà delle cose (32).
    Serra, infine, fa benissimo a dire che l'attesa spasmodica di Pontida, alimentata dalla Lega Nord, è una cosa abbastanza buffa. Secondo lui nessuna agenda politica seria può essere dettata da un comizio, per quanto solenne esso sia, e che un governo cada o non cada per qualche frase benevola o malevola, per qualche tono ringhioso o conciliante, è piuttosto surreale. Dice Serra che “Se i partiti ricominciassero a funzionare da ricettori sociali, e non da consorterie che confabulano tra loro, i destini di questo governo (e di qualsiasi altro governo) sarebbero segnati da tempo: dalla doppia catastrofe elettorale, dal dramma del lavoro salariato che annaspa, da pessimi conti pubblici, da una riforma fiscale promessa dal premier cento anni fa, mai fatta e adesso abborracciata in tre minuti (a parole) per fare finta che tutto sia arrangiabile. Rispetto a tutto questo – cioè rispetto alla realtà sociale – francamente quello che dirà Bossi può essere al massimo un regolamento di conti tra colleghi, o un chiassoso titolone di giornale, poco di più” (33).

    IL DEGRADO DELLA DESTRA
    Numerose sono le note dedicate alle scelte politiche della destra. Costante è la denuncia del degrado in cui versano le istituzioni dopo l'avvento della destra al governo. Serra cita il caso dei cosiddetti Responsabili, i parlamentari passati da alcuni partiti di opposizione al sostegno al governo. Nel loro caso la compravendita dei voti è avvenuta alla luce del sole, senza che nessuno provasse vergogna. Serra si chiede cosa è successo di così grave da rendere quasi normali dei comportamenti che un tempo erano considerati assai vergognosi (34). Ma anche la lettura delle cronache su alcune inchieste giudiziarie (la P4 e il faccendiere Bisignani) fanno dire a Serra che esiste un potere politico ed economico che mai come in questi anni è riuscito a rendersi, imprescrutabile, opaco, fuori controllo (35). Secondo lui fare il computo degli scandali, dei casi di corruzione, delle malversazioni, delle manfrine tra amiconi all'ombra di questo potere e di questo governo è diventato molto difficile (36). Serra nota anche che le varie riunioni di cosche o logge hanno in comune solo l'assenza di donne; secondo lui "Questo monopolio virile rende, se possibile, ancora più minacciosa e detestabile l'idea che ci siamo fatti di quelle riunioni. Le apparenta strettamente alle mafie...." (37).
    Partendo da una riflessione sul perchè la destra ha regalato alla sinistra uno come Roberto Saviano, che di sinistra non è, Serra fa una serie di interessanti riflessioni. Secondo lui “La destra italiana, imbarcandosi nell'avventura berlusconiana, ha scardinato sé stessa. Ha perduto la bussola del proprio ruolo storico e culturale: legge e ordine, senso dello Stato, senso del dovere, nazionalismo. Ha emarginato i suoi intellettuali e giornalisti migliori (uno per tutti, Indro Montanelli) lasciando che fossero rimpiazzati da esecutori incolti, e spesso servili, del dettato berlusconiano, anche quando questo dettato (vedi il disprezzo delle leggi) confliggeva clamorosamente con il pensiero conservatore. Ha regalato i propri giornali al pensiero debolissimo (urlato, ma debolissimo) della piccola borghesia livorosa, xenofoba, culturalmente complessata e quindi spregiatrice della cultura. Ha accettato la folle alleanza con un partito anti-italiano e secessionista” (38). Serra si chiede anche com'è nata la vulgata politica di questi anni secondo la quale il popolo tende a destra e la borghesia a sinistra. La sua risposta è che essa è nata per solide ragioni di propaganda: quando la destra non è più liberale (e dunque borghese) ma è populista, diventa fondamentale ingigantire la sua composizione popolare. La seconda ragione è culturale. Prevalentemente di sinistra sono i ceti intellettuali ed è in odio a loro che la destra alimenta l'onda di spregio contro i radical chic. Il suo commento finale è che “Il geniale trucco della destra berlusconiana è esattamente questo: essere al potere, e con il culo al caldo, ma dare a bere ai suoi elettori che stanno facendo la rivoluzione” (39). Non a caso, secondo Serra, a questa destra appartengono molti "....anziani benestanti del Nord, quelli che sono al potere ininterrottamente dai tempi di Giolitti (fascismo compreso) ma hanno trascorso la vita a mugugnare contro i governi da loro votati" (40).
    Un elemento ricorrente in Serra è lo sconcerto di fronte ad una destra che andando al governo è diventata sempre più volgare ed aggressiva. Egli cita l'episodio dei manifesti fatti affiggere a Milano da Roberto Lassini, manifesti con i quali i magistrati di Milano venivano accusati di essere dei brigatisti. Il suo commento è che una cosa del genere non avrebbe potuto succedere se Lassini avesse fatto parte di una comunità politica che lo avesse aiutato a tenere a freno i suoi impulsi (41). La successiva richiesta di Letizia Moratti di autoesclusione di Lassini dalla lista del Partito della Libertà è stata palesemente una mossa tardiva ma, aggiungo io, anche una mossa ipocrita se si tiene conto che il numero uno di quella stessa lista è stato Silvio Berlusconi, colui che per primo aveva lanciato la stessa accusa di Lassini ai magistrati. Sullo stesso piano Serra mette l'ingiusta accusa a Giuliano Pisapia di essere stato condannato per il furto di un furgone, accusa formulata alla fine di un dibattito televisivo e proprio da parte di chi ha fatto campagna elettorale “sotto l'ala protettrice del re delle prescrizioni, delle aministie, del non-giudizio come regola difensiva” (42). Ma anche la pubblicazione a puntate, su Il Giornale, dei falsi diari di Mussolini (e quindi l'impudenza di spacciare tranquillamente un gadget per nostalgici per divulgazione storica) fa dire a Serra che l'ascesa al potere della destra non è servita a migliorarla ma l'ha ingaglioffita e fascistizzata (43). Lo stesso concetto è da lui ripetuto, in pratica, quando commenta la notizia relativa al ricevimento di una delegazione di studenti in lotta da parte del Presidente della Repubblica. Secondo lui "Questo fa pensare che i manifestanti di oggi, o almeno la loro massima parte, nella Repubblica si riconoscano. Loro molto di più dei governanti sediziosi che invocano <<arresti preventivi>> e altre sconcezze antidemocratiche" (44).
    Serra parla addirittura di illogicità e di pazzia della destra a proposito di vari comportamenti che non hanno alcun fondamento logico. Egli si riferisce innunzitutto al voto con il quale 315 deputati hanno avallato la versione di Berlusconi a proposito della famosa telefonata di Silvio Berlusconi alla questura di Milano dopo l'arresto della marocchina Ruby (alias Karima El Mahroug), telefonata con la quale egli ha sostenuto che la ragazza fosse una nipote di Mubarak e che perciò andava rilasciata per tutelare le relazioni internazionali. Serra sostiene che con quel voto i deputati della destra hanno praticamente “certificato di essere o dei sostenitori di un cretino o dei pubblici mentitori” (45). Secondo lui questa è, nello stesso tempo, una posizione tartufesca ed estremista, ipocrita e violenta, che non tiene in alcun conto la tutela della verità, la dignità del Parlamento, il rispetto per gli elettori. Un altro episodio citato da Serra a sostegno della sua tesi è l'ispezione ordinata dal ministro Gelmini ad una scuola materna di Livorno dopo che sul retro dell'istituto erano state trovate due bandiere rosse che ricordavano la fondazione del Pci e mentre era in corso una grossa polemica a proposito di una scuola di Adro, in provincia di Brescia, riempita di simboli leghisti. Il suo commento è che mettere sullo stesso piano la scuola di Adro (dove una struttura pubblica è stata asservita ad un singolo movimento politico) con la scuola di Livorno è una vera e propria follia (46). Un altro episodio citato da Serra è la dichiarazione del ministro Paolo Romani a proposito dell'esito del referendum sull'energia nucleare. Secondo Romani sul nucleare i cittadini avrebbero dato ragione al governo confermando la moratoria già varata dopo l'incidente di Fukushima; il commento di Serra è che se il Ministro ha diffuso una dichiarazione così deragliante la sola spiegazione possibile è che perdere la testa, oltre che la faccia, è tipico di chi è in preda al panico (47). E ai comportanti pazzeschi degli uomini di destra appartengono, secondo lui, anche le letture serali dei falsi diari di Mussolini fatti da Lele Mora e Marcello Dell'Utri nella casa di Lugano di Mora (48).
    Serra nota che su Internet si moltiplicano le battute ironiche sulle decisioni politiche e sugli uomini della destra mentre dalla destra vengono solo minacce ed invettive nei confronti degli uomini della parte avversa. Ne deriva che a destra è poco praticata l'arma dell'ironia e ciò, per Serra, è un limite grave (49). Gli esponenti della destra sembrano non voler ammettere che altri possano avere opinioni diverse dalle loro; queste persone vanno verbalmente aggredite (si vedano il dibattito televisivo tra Mariastella Gelmini, Roberto Cota e Stefano Rodotà e quello tra il giornalista Alessandro Sallusti e l'intellettuale finiano Filippo Rossi). L'aggressività diventa ancora maggiore quando l'interlocutore è un intellettuale, quindi una persona in possesso di una ricchezza di concetti e di vocaboli non paragonabile a quella dei personaggi con i quali interloquisce. La sconfitta televisiva degli antagonisti della destra viene avvertita da Serra come un fatto grave, come se la violenza e la prevaricazione avessero prevalso sulla verità delle cose (50). Un'altra cosa inaudita è l'accusa di lasciare spazio ai comunisti fatta da Sandro Bondi a Gianfranco Fini. In questo caso è assurdo che un ex sindaco comunista di una città toscana fa un'accusa del genere all'ex capo dei neofascisti italiani. Praticamente è il rovescio della realtà. La conclusione di Serra è che purtroppo in Italia chi cambia opinione e casacca politica ha troppa indulgenza per sé stesso, si assove da solo senza avere il pudore di stare in silenzio quando non sarebbe opportuno che parli (51).
    Rivelatori della mentalità particolare degli uomini di destra sembrano a Serra anche alcune loro affermazioni o alcuni silenzi. Quando il neoministro Brancher dice che gli italiani sono cattivi, commentando le giustamente aspre critiche alla sua nomina, denota una mentalità tipica di un gruppo di potere che ignora l'etica pubblica. Quindi, per lui, “Non siamo di fronte a un manipolo di incalliti furbastri che, ben conoscendo l'etica pubblica, se ne fanno beffe. Siamo di fronte all'egemonia politica di un gruppo di potere (forte di un largo consenso) che dell'etica pubblica ignora quasi tutto, oppure ne possiede una propria, ancora non ben codificata, che contraddice in toto le convenzioni e le regole che hanno fin qui retto le democrazie moderne” (52). Il clima di restaurazione introdotto con l'avvento della destra al potere si avverte quando l'ex sottosegretario Nicola Cosentino dichiara, dimettendosi, che è stato reintrodotto “lo spirito di Tangentopoli”. L'affermazione è rivelatrice perchè, probabilmente, evidenzia uno dei motivi fondamentali per i quali la destra è andata al potere e cioè la volontà di rivincita di molti ambienti dopo che le inchieste del pool Mani Pulite aveva disarticolato i gruppi di potere che comandavano all'epoca della Prima Repubblica (53). Tale clima si avverte anche quando Fabrizio Cicchitto spiega “gli ultimi vent'anni della storia italiana come una specie di regolamento di conti tra inquisiti e inquisitori. Una coda interminabile di Tangentopoli.... con il berlusconismo eletto a riorganizzazione vittoriosa dei partiti democratici distrutti dall'infame golpe Pci-magistratura” (54). Ma ugualmente da criticare, per Serra, è il Governatore della Lombardia, Roberto Formigoni quando, difendendosi dal sospetto di essere stato eletto attraverso liste elettorali taroccate da firme false e deplorevoli pasticci, non sente il dovere di spendere almeno mezza parola di biasimo o di rincrescimento; per lui questo è un grave indizio della disinvoltura etica di una classe dirigente ricca di voti ma povera di cultura civica (55).
    Secondo Serra un'altra caratteristica della destra è quella di ripetere meccanicamente parole sempre uguali. La parola comunisti è stata ormai sostituita dalla parola radical-chic. L'ha utilizzata il ministro Gelmini per bollare il milione di donne che ha manifestato contro gli scandali che hanno visto coinvolto Silvio Berlusconi. Egli nota che la ripetizione coattiva di parolette sempre uguali, e sempre meno significanti, indica povertà di argomenti e difficoltà di analisi (56).
    Un'altra caratteristica ancora della destra, secondo Serra, è quella di attaccare i propri nemici politici contestandogli interessi privati o privilegi inesistenti o sovradimensionati. Serra cita il caso dei coniugi Bertinotti, sbeffeggiati in televisione per aver fatto una crociera alle Antille (dopo che anche Massimo D'Alema era stato criticato per aver fatto le vacanze a Saint Moritz). Il suo commento è che si tratta veramente del mondo alla rovescia, un mondo in cui gli amici dell'uomo più ricco del Paese accusano di lusso e di scialo i borghesi di sinistra, additandoli allo sghignazzo e all'ostilità popolare (57). Ma poi cita anche il caso di un'intervista all'allora candidato a Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, accusato per il contratto d'affitto di una casa di un Ente pubblico stipulato vent'anni prima dalla sua compagna. Secondo Serra quando leggeremo su un giornale di destra un'intervista altrettanto rigorosa a una personalità pubblica di destra, coinvolta in scandali veri o gonfiati, sarà un bel giorno per l'Italia. Egli poi afferma che nel clima truce e urlante di questi anni è un palese obiettivo politico intorbidare le acque e confondere dimensioni e gravità delle colpe perchè partecipare alle varie cosche del malaffare e degli appalti deviati o fidanzarsi con una persona che fu intestataria di un affitto inferiore ai prezzi di mercato non è la stessa cosa. La verità, secondo lui, è che è interesse del lupo sostenere che l'agnello è il carnefice mentre lui è la vittima (58).
    Un'altra caratteristica della destra italiana di oggi è che essa fa, sempre più spesso, l'elogio dell'ignoranza. Abbiamo visto sopra che questa è una peculiarità della Lega Nord, ma anche altri uomini della destra non sono immuni da questo strano comportamento. Non a caso questo elogio l'ha fatto anche Giulio Tremonti, l'uomo del Popolo della Libertà più vicino alla Lega. Il commento di Michele Serra è che "I sempre più frequenti elogi dell'ignoranza che germinano specialmente a destra hanno l'inconfondibile retrogusto del classismo. Cercano di eternare una società che assegna a pochi fortunati i mezzi economici e intellettuali per prevalere, e alla massa il dovere di sgobbare e produrre reddito, senza neanche la soddisfazione di leggerlo in un libro" (59).

    LA CRISI DELLA POLITICA
    Michele Serra dedica molte note alla crisi della politica. La sua critica si rivolge oltre che alla destra di governo, anche alla crisi degli altri partiti e movimenti che agiscono sulla scena politica italiana. Egli prende spunto da un articolo di Carlo Petrini sulla cementificazione selvaggia del Paese per fare alcune amare riflessioni sulla politica italiana. Serra scrive che "....una questione così strutturale non fa parte dell'agenda politica nazionale. Non è su di essa - da tempo immemorabile - che si animano i dibattiti e si incrociano le polemiche elettorali. E' come se, per la politica, tutte le scelte fossero state già fatte, tutti i dadi già tratti: sarà l'economia a gestire il nostro futuro tutto intero, le vicende umane, la storia sociale, i paesaggi. Nessuna opzione alternativa, nessuna residua possibilità di scelta: ed è esattamente per questo, in larga misura, che la politica ha perduto non solo ogni credibilità, ma anche ogni fascino" (60). Prioritaria per Serra è la riflessione sulla crisi della sinistra ma alcune note sono dedicate anche al cosiddetto Terzo Polo. Secondo lui la crisi della sinistra è planetaria. Un sintomo di questa crisi è la notizia che l'ex Premier britannico Tony Blair ha fondato a Londra una banca di investimenti per super-ricchi. Il suo acuto commento è il seguente: “Se la sinistra chude bottega nelle periferie per riaprirne una nuova nella City, come stupirsi se i poveracci di mezzo mondo poi finiscono per votare i peggiori furbastri e plutocrati e ducetti di destra, che almeno offrono il vantaggio di apparire schiettamente stronzi già in partenza e non di diventarlo strada facendo?” (61). Un altro sintomo della crisi sono le contestazioni fatte a Torino da estremisti di sinistra allo scrittore Amos Oz. Si chiede Serra: che cosa si è voluto contestare allo scrittore israeliano? Il fatto di essere nato e di vivere in Israele? Perchè per il resto c'è ben poco da contestare dato che Oz è stato sempre critico nei confronti delle politiche belliciste dei governi israeliani e sempre solidale con la causa palestinese. Egli dice che, poiché la questione mediorientale è gravida di morte e di dolore, gli schiamazzi incongrui sono particolarmente inopportuni e che in giro ci sono troppe Vestali dell'Indignazione che confondono il volume della voce, e i toni rissosi, con la forza della parola e la giustezza delle cause (62).
    Serra scrive che se è vero il luogo comune che gli italiani danno il meglio di sé nei momenti di crisi vuol dire che non siamo in crisi. Egli nota che Berlusconi continua a dire barzellette sconce, che la Lega Nord ha presentato un progetto di legge sugli eserciti regionali (e che un suo senatore ha detto una serie di banalità razziste) e che la sinistra è “una galassia destrutturata di alleanze impossibili e di progetti fantasiosi” (63). Il rammarico di Serra è che la sinistra non riesca ad essere una valida alternativa al berlusconismo. Egli scrive, ad esempio, che la sinistra non dovrebbe esultare perchè il cardinale Bertone ha detto che ci vuole maggiore moralità in politica, riferendosi evidentemente a quanto accade ad Arcore. Secondo lui la sinistra dovrebbe dire che “le adunate di escort non sono delitti contro la morale ma sono, piuttosto, la rappresentazione perfetta dello stato di servitù di un popolo” (64). Le sue riflessioni insistono sui numerosi dubbi che affliggono i militanti della sinistra e li paragona alle numerose certezze della destra. La sua convinzione è che ci sia qualcosa di eccessivo in tutte e due le posizioni e che bisognerebbe trovare una terzo modo per poter affrontare i problemi se si vuole risolvere la crisi italiana. Bersaglio delle sue critiche è spesso il Partito Democratico che, nonostante la sua consistenza numerica, non riesce a proporsi come reale alternativa di governo. Ma le sue critiche sono rivolte anche all'Italia dei Valori, il partito di Antonio Di Pietro; la sua convinzione è che, nonostante un'apparente radicalismo e un'ostentata intransigenza nella lotta politica quotidiana, alcuni episodi di trasformismo politico che interessano questo partito assumono un sapore fortemente negativo. Egli si riferisce in particolare al passaggio nelle file della destra di personaggi come Sergio De Gregorio e Domenico Scilipoti; a questo proposito critica fortemente Antonio Di Pietro perchè la legge elettorale in vigore consente, praticamente, ai leader politici di scegliere i parlamentari. La sua conclusione è che mentre i dirigenti del Partito Democratico, che ha avuto episodi simili (si veda il caso di Massimo Calearo), hanno l'alibi dei grandi numeri Antonio Di Pietro non ha neanche quello (65). Serra, inoltre, critica i partitini della sinistra i quali, nonostante la profonda crisi in cui versano, continuano a litigare tra di loro. Ciò però non gli impedisce di riconoscere i meriti di alcuni degli esponenti di questa sinistra, come Nicky Vendola e Giuliano Pisapia. Secondo lui essi hanno dato prova di insospettabile moderatismo, cioè di una apertura mentale tale da far convergere su di loro i consensi di molti che non appartengono alla loro area politica. Egli, anzi, critica i cosiddetti riformisti, come Piero Borghini, che non perdono occasione di criticare i presunti estremisti come Vendola (66).
    Serra critica più volte Beppe Grillo per le sue posizioni equidistanti tra destra e sinistra. In particolare a proposito delle elezioni amministrative a Milano dice che mettere sullo stesso piano la Moratti e Pisapia è assurdo essendo completamente diverse le storie di vita e le scelte dei due candidati. Per lo stesso motivo Serra critica il giovane Mattia Calise, candidato a Sindaco per i grillini a Milano. La sua giusta riflessione è che egli non voterebbe mai “per un candidato minore (è il caso di Mattia) che rifiuta di dirmi con chi intende allearsi in un eventuale secondo turno di ballottaggio. Il voto non è solo una nobile testimonianza, è una monetina che serve, insieme a milioni di altre monetine, a formare un patrimonio. Si va in politica, si fa politica per battersi e spesso anche per allearsi e compromettersi. «Destra e sinistra sono uguali» non è politica né antipolitica: è un lusso per presuntuosi. La politica è umile. E fa i conti con l'imperfezione” (67). Serra nota anche che alla fine molti grillini nei turni di ballottaggio delle elezioni amministrative hanno votato per il candidato della sinistra, evitando di seguire l'orientamento di Beppe Grillo. Il suo commento è che Internet è effettivamente potente, talmente potente da sconfiggere chi come Grillo ha fondato gran parte del suo ascendente politico su un'abile gestione della Rete (68).
    Michele Serra critica, inoltre, Beppe Grillo e Luigi De Magistris per aver aspramente litigato. Secondo lui i rappresentanti di una sinistra minoritaria non possono permettersi il lusso di litigare col rischio di veder ancora diminuire i consensi (69). In questo caso non sono d'accordo con lui perchè quando uno come Beppe Grillo critica qualunquisticamente tutti, anche chi (come De Magistris) non meritava tali critiche, è opportuno rispondergli a tono per evitare che le sue invettive confondano le idee ad un elettorato già abbastanza confuso dalle polemiche politiche quotidiane. Serra dà la sensazione di mettere sullo stesso piano i due leader politici mentre è opportuno rimarcare le differenze esistenti; De Magistris è un leader della sinistra italiana mentre di Beppe Grillo non si può dire altrettanto.
    Serra parla anche, nelle sue note, del Terzo Polo. Le sue riflessioni sono non univoche. Egli sottolinea che nella situzione politica italiana, caratterizzata da un'aspra battaglia tra destra e sinistra, le posizioni terziste rischiano di apparire irreali; a questo proposito gli sembra assurda la proposta di un governo di larghe intese fatta da Pierferdinando Casini. Ma ancora più assurda gli sembra la proposta di pacificazione politica fatta da Casini. Il suo commento è che una proposta di pacificazione ha senso se è fatta da un'organizzazione come l'Eta, che in Spagna per molti anni ha fatto politica con le armi, non se è fatta da uno che non è stato mai veramente in guerra con qualcuno. Secondo Serra egli è “l'unico uomo politico (forse al mondo) che può contare solo su alleati, ex alleati, semi-alleati, futuri alleati e alleati potenziali” (70). Ancora più assurda, pazza addirittura, sembra a Serra la nascita di un nuovo gruppo parlamentare, "Per le autonomie", che non ha alcuna collocazione politica ben definita. Assai significativa è la dichiarazione della senatrice Helga Thaler, promotrice del gruppo: "Non saremo l'equivalente dei Responsabili, vogliamo restare dove siamo e cioè in difesa delle autonomie senza schierarci nè con la maggioranza, nè con il terzo polo, nè con la destra, nè con la sinistra" (71).
    Serra nota, invece, con piacere la posizione critica assunta da Gianfranco Fini nei confronti di Berlusconi; la sua riflessione è che, considerando la storia politica di Fini, la ribellione del Presidente della Camera dei Deputati potrebbe sembrare assurda e incomprensibile, ma essa si spiega con la prolungata vicinanza politica con Silvio Berlusconi. Tale vicinanza, secondo lui, deve aver prodotto una reazione di rigetto ed aver indotto Fini a lavorare per la costruzione di una destra europea (72). Ma Serra sottolinea anche che prova un intenso piacere ogni volta che ascolta il finiano Italo Bocchino (o altri finiani come Fabio Granata) criticare aspramente Berlusconi. Il suo commento è che Bocchino dice le cose che ormai gli uomini politici di sinistra non dicono più (73).

    IL DEGRADO DEI MASS-MEDIA
    Uno degli argomenti più ricorrenti nelle note di Michele Serra è la descrizione del degrado in cui vivono molti mass-media in Italia. Il suo rammarico principale è che giornali e televisioni raccontano sempre più spesso un Paese che non è quello reale. L'elenco delle nefandezze è lungo: si passa dai telegiornali che (specialmente quelli di Mediaset) dedicano sempre più spazio alla cronaca nera, ai giornali radio che nel giorno del matrimonio di William e Kate concentrano l'informazione solo su quell'avvenimento tralasciando completamente tutti gli altri (74), alle reti Rai e Mediaset che dedicano sempre più tempo a delitti vari (anche quando nello stesso giorno si verificano scontri violenti a Roma, dei quali parlano maggiormente le telvisioni straniere) (75). A proposito dell'eccesso di cronaca nera contenuta nei mass-media il suo commento è: “Che la vita sia dura e irta di pericoli è certamente vero. Che sia quell'inferno grondante sangue e morte che riverbera dal video e da molte edicole è invece falso e produce non prudenza ma panico, non cautela ma ansia” (76). Serra sottolinea, però, con ironia gli incidenti nei quali incorrono i mass-media quando insistono a entrare troppo nei particolari di questi argomenti. Egli cita il caso del Tg5 che ha mandato in onda la perizia grafologica di una falsa cartolina scritta dal computer di Chi l'ha visto e attribuita al celebre “papà delle gemelline”. Si tratta della messa in scena (intervento della grafologa) su una messa in scena (la falsa cartolina) di una messa in scena (la cartolina vera spedita dal probabile assassino a infanticidio avvenuto) (77). Un'altro vizio dei mass-media, sottolineato da Serra, è quello di estrapolare delle frasi dal contesto del discorso di un politico, di un manager, ecc. e su quelle costruire una serie di interpretazioni il più delle volte fasulle. Egli cita il caso di Sergio Marchionne e delle reazioni ad una sua intervista che “prescindono da quello che ha veramente detto in tivù” (78). Serra sottolinea con ironia anche l'uso sempre più evasivo che si fa della televisione. Egli cita il caso del direttore di Italia Uno che annuncia che i tempi sono maturi per un revival degli anni Ottanta (Drive in, la disco music, i paninari, People of Ibiza, ecc.). Secondo Serra l'impegno è lodevole ma decisamente arduo perchè una caratteristica degli anni Ottanta è quella di durare da circa trent'anni; le immagini di quegli anni “....sono talmente contemporanee da farci dubitare che sia davvero passato tanto tempo, e un paio di generazioni si siano succedute. La Grande Stagnazione cominciò proprio lì, dentro quel falso movimento che sprizzava dinamismo, allegria, spensieratezza, novità, e invece annunciava il più impressionante rallentamento della Storia (e delle mode, della politica, della cultura) mai visto in tempi moderni” (79). Allo stesso modo Serra denuncia il vero e proprio falso ideologico ai danni della realtà operata col Grande Fratello quando si annuncia la partecipazione del figlio di un camorrista, di un gigolò e di un Cavaliere di Malta. Il suo commento è che una volta si infinocchiava il popolo con il presepe edificante del solerte mugnaio e della lavandaia canterina, oggi lo si infinocchia cucendo addosso a dei normalissimi sfigati un personaggio efferato o equivoco o, in qualche maniera, spettacolare (80). Egli, poi, dice che mentre le televisioni italiane parlano quasi sempre di quiz, poppe e fidanzamenti le televisioni straniere si occupano costantemente delle rivolte che infiammano il Nord Africa. Il suo commento è che “Essere un paese berlusconiano vuol dire anche questo, parlare solo di noi stessi, sprofondare in un narcisismo cieco e tra l'altro del tutto fuori scala, perchè se a essere narciso è uno zar o un grande dittatore o uno dei potenti del mondo è un conto, se è una macchietta internazionale come Berlusconi il massimo che può accadere è trionfare, sulla stampa mondiale, nella pagina delle vignette. In questo preciso momento, nel mondo, noi siamo esattamente questo: un momento di svago, una battuta di spirito tra una pagina e l'altra della storia” (81)
    Serra cita un'indagine fatta dal professor Ilvo Diamanti che sottolinea il crescente successo della televisione d'inchiesta e dei programmi di approfondimento e la speculare crisi delle trasmissioni che odorano di propaganda o di divagante inconsistenza. Il suo commento è che è come se la bolla di irrealtà nella quale siamo vissuti per anni cominciasse a fare flop. Secondo lui Berlusconi ha utilizzato politicamente i mess media, sfruttando in particolare il suo possesso delle televisioni per raccontare un Paese immaginario, per nulla corrispondente a quello reale (82). Serra si indigna quando i mass media vengono usati come arma politica, in modo molto spregiudicato e senza aver alcun rispetto per le persone. Egli cita il caso de Il Giornale che titola “Se i figli delle vittime difendono i carnefici: Tobagi Alessandrini e Rossa stanno con Pisapia amico dei terroristi che uccisero i loro genitori”. In questo caso si imputa ai figli di tre vittime del terrorismo rosso di difendere i carnefici solo perchè votano per il candidato della sinistra a Sindaco di Milano. Il suo commento è che “....comunisti, sinistra, terroristi, brigatisti, per questi avvelenatori della memoria, della storia, della politica, del giornalismo, sono la stessa cosa, lo stesso infame branco da spazzare via....” (83). Allo stesso modo Serra si indigna quando c'è un utilizzo palesemente strumentale dei mess-media. Egli cita il caso della signora che a Forum (su Canale 5) si finge terremotata abruzzese per lodare incondizionatamente il governo Berlusconi e si chiede se “....si può inscenare una truce pagliacciata di quel livello, specie sapendo che è un pubblico popolare quello che stai turlupinando, quelli che ancora credono che siccome lo hanno detto in televisione allora è vero....” (84). Serra, poi, cita un articolo di Maurizio Belpietro che racconta il cosiddetto falso attentato a Gianfranco Fini e dice di non averci capito niente. Egli dichiara che ha volontariamente scelto di non capire perchè ha voluto evitare di accedere ad un mondo oscuro dove la politica è solo ricatto e minaccia, il giornalismo è allusione e furbizia e lo scopo di ciascuno è di non fare la figura del fesso. Secondo lui c'è un nesso molto stretto tra questo sfoggio di prestanza giornalistica e lo stato di depressione degli italiani (85). Allo stesso modo critica il giornalista Pierluigi Battista per essersi accorto solo adesso delle sgarberie e delle rozzezze verbali di molti governanti; Serra si chiede se la notte sarebbe stata meno lunga, la caduta di stile meno implacabile, se ciò che appariva protervo e insopportabile, nel potere berlusconiano e bossiano, lo fosse stato per chiunque aveva occhi per vedere e orecchie per sentire (86). Egli usa, invece, l'arma dell'ironia quando il tentativo di infangare le persone si dimostra, a dispetto delle peggiori intenzioni, palesemente comico. Stiamo parlando dell'accusa fatta da Il Giornale al magistrato Ilda Boccassini di essere stata vista nel 1982 in un'area adiacente al Tribunale di Milano mentre baciava un giornalista di sinistra. Il suo desolato commento è il seguente: “Se anche l'odio politico, la calunnia, la bava alla bocca sono di Serie B, che cosa ci resta di serie A in questo povero Paese?” (87).

    IL DEGRADO DELLA SOCIETA'
    Sono piuttosto rare le note quotidiane di Michele Serra che si occupano di problematiche internazionali, di tematiche che vanno oltre la realtà nazionale. Ma alcune di esse raggiungono una notevole efficacia. Commentando la notizia che il Presidente della Russia si è fatto fotografare a bordo di un aereo che portava soccorso ad una città assediata dalle fiamme scrive che "L'immagine dell'amico Putin che impugna la cloche del Canad-Air con il cipiglio dell'uomo forte e lo sguardo rivolto all'orizzonte ci fa intendere che il potere, nel 2010, ancora si rivolge al popolo come a un bambino da incantare o come a un imbecille da turlupinare....La democrazia, che è ancora da venire, si realizzerà il giorno che nessun capo o capetto oserà più inscenare buffonate congeneri, perchè nessun popolo sarà più disposto a subirle" (88). A proposito del reverendo Terry Jones, che vuole bruciare il Corano per "festeggiare" l'11 settembre, egli scrive che almeno un merito egli ce l'ha perchè "Ci ricorda quanto contano gli idioti nella storia e, ben inteso, anche nella vita. L'intelligenza, in fondo, è come la democrazia: una fatica ininterrotta lungo un percorso fragile, così fragile che un solo idiota, particolarmente dotato, è in grado di mandare in malora la fatica e l'intelligenza degli altri" (89). A proposito della notizia che il raffreddore non è curabile fa una serie di interessanti osservazioni sull'ossessione salutista della nostra epoca, sui compiti della medicina, sull'incapacità di usare il tempo come farmaco. Egli scrive: "L'anno nuovo comincia con una notizia che mette allegria: il raffreddore è incurabile. L'ossessione salutista, che è una delle più malsane perversioni dell'uomo moderno, è costretta a battere in ritirata di fronte al più umile fante dell'esercito patogeno. Il raffreddore è come Asterix: minuscolo ma invincibile. Ci costa un paio di giorni di parziale inabilità. Possiamo permetterceli. Invece di perdere tempo per asciugare il naso a un'umanità viziata, la medicina dovrebbe concentrare tutti i suoi sforzi sulle malattie gravi e su quelle mortali, specie quelle rare delle quali nessuno si occupa perchè poco redditizie per il mercato dei farmaci. A parte questo, è l'dea di una vita asettica, disinfettata, esente da ogni malanno, a sembrarmi detestabile. Ci sono malattie affettuose, di breve decorso, di bassissimo impatto, che ci costringono a sentirci un pò meno performanti, un pò meno produttivi, e fermano per un attimo la nostra corsa. Sono bastoncini tra le ruote, preziose stonature, momenti di riassetto e di riequilibrio. Senza la malattia non ci sarebbe la salute così come non ci sarebbe la vita senza la morte. Il raffreddore non è neanche un <<memento mori>>; è appena un <<guarda che non sei perfetto>>. Si cura con il tempo, l'unico farmaco che non siamo più capaci di usare" (90). L'uccisione del governatore del Punjab, Salman Taseer, da parte di una sua guardia del corpo, integralista islamico (dopo che lui aveva difeso una donna cristiana dall'accusa di blasfemia e dalla conseguente condanna a morte) è l'occasione per un'amara riflessione su quanto possono essere ancora fatali, nella nostra epoca, il fanatismo e l'ignoranza. Scrive Serra: "Taseer era borghese, laico, colto, ricco....Il suo assassino era un uomo del popolo, molto più in basso nella scala sociale. possiamo dire che il primo sia stato vittima della propria cultura, il secondo della propria ignoranza....In molte lande del pianeta la tolleranza alberga, quasi sotto assedio, soprattutto tra i ceti urbani, e la liberalità pare diventata un lusso per i colti e gli abbienti. Agli occhi degli integralisti (che qui da noi la chiamano <<relativismo etico>>) la tolleranza è un vizio, una perdita di vigore morale, una resa da smidollati. Additano allo spregio popolare il <<tradimento dei valori della tradizione>> da parte delle borghesie locali, cosmopolite e laiche. Riescono a sommare, all'odio religioso, l'odio di classe. Ma il <<relativista etico>> Taseer è morto da eroe della libertà. Il suo carnefice è appena l'oscuro figurante di una massa anonima, condannata a restarlo" (91). La notizia dell'uccisione di cento cani husky in Canada perchè essi erano diventati "inutili" è l'occasione per una indignata riflessione sul rapporto tra gli uomini e gli animali nella storia e sull'inutilità degli uomini senza gli animali. Per Serra: "Il rapporto tra l'uomo e le altre bestie è sempre stato speculativo. Bestie da soma, bestie da traino, bestie da lavoro, bestie da cibo. Così è la vita: feroce. Ma accanto al carnaio degli allevamenti intensivi, alla vivisezione, alle mattanze per fare pellicce, si è sviluppato nei secoli, tra uomini e bestie, una sorta di spirito comunitario - non sempre e non solo di convenienza - che ha radici nella comune appartenenza alla natura. Uomini e bestie sono consustanziali, fatti della stessa vita. E ogni uomo, se non è scervellato o blasfemo, lo sa, lo sente: perfino il cacciatore e la sua preda, il nativo americano e il bisonte, l'uomo dei ghiacci e la foca, hanno tra loro <<religione>>. Per questo la strage degli husky suona come una bestemmia. Perpetrata per luride ragioni di profitto (non di fame: di profitto), evitabile con un banale annuncio sui giornali, inutile come è inutile l'uomo senza animali" (92). L'esecuzione di Osama Bin Laden da parte dei servizi segreti statunitensi è l'occasione, per Serra, di sottolineare il ruolo positivo che, nella nostra epoca, talvolta svolge la Chiesa cattolica. Egli scrive: "Non credo affatto che per vivere umanamente e per provare compassione sia indispensabile essere credenti. Proprio per questo, mi fa specie constatare che la Chiesa abbia così facilmente (e meritatamente) esercitato una sorta di monopolio della pietà e della compostezza. Voci laiche di uguale autorevolezza si sono udite, ma erano sperse e individuali. Nè l'umanitarismo socialista nè la compostezza borghese possiedono più un pulpito e un'organizzazione culturale e politica tali da essere in grado, in circostanze così decisive, di orientare gli animi, e dare sostanza collettiva ai sentimenti individuali. La voce della Chiesa non è la mia, ma l'ho udita, nelle ore della fine di Osama, con rispetto e gratitudine" (93).
    Le note di Michele Serra sono molto efficaci anche quando egli analizza i mali della società italiana di oggi. In questo caso, più che quando egli parla di politica, si ha veramente la sensazione che riesca a vedere con una lucidità maggiore di molti altri osservatori i fatti nuovi e inquietanti che accadono. E' molto bella l'immagine di lui che, in riva al mare, riflette sul contrasto esistente tra la bellezza del paesaggio italiano e le pessime notizie riportate dai giornali; secondo lui le bellezze naturali illudono gli italiani mentre la realtà sociale è tragica (94). Ma molto efficace è anche l'immagine dell'hinterlad milanese dove tutto intorno è degrado e illegalità mentre egli avverte nettamente la sensazione di essere l'unico fuori posto in quel contesto (95). Serra prende spunto dalla notizia che Luciano Gaucci, in qualità di presidente del Perugia Calcio, stipendiava dei capi-tifosi per evitare che essi procurassero danni alla sua società, per fare alcune amare considerazioni sulla realtà italiana. Egli scrive che sicuramente questa pratica ricattatoria dei tifosi ultras non si limita al solo Perugia Calcio ma è diffusa anche presso altre società di calcio. Il suo indignato commento è che "Quando si dice che questo paese è corrotto dalle radici ai vertici non si esprime un giudizio morale. Si esprime un giudizio tecnico. Se larga parte del paese non mostra turbamento di fronte a tremende illazioni o disgustose verità sui suoi capi è perchè ne condivide le ambizioni e i metodi" (96). Ma Serra sottolinea anche la presa di posizione dell'amministratore delegato di Sky Italia, che minaccia di far saltare i diritti tivù (centinaia di milioni di Euro) se il calcio italiano non fa pulizia al suo interno. Secondo lui la dichiarazione di Tom Mockridge "....è sacrosanta non solo dal punto di vista della morale, ma anche sotto il profilo economico. I prodotti adulterati (tale appare, in questo momento, il calcio) rischiano di non valere più niente salvo che per la cerchia ristretta di chi li adultera speculandoci sopra" (97). Serra prende anche spunto dall'eliminazione della Nazionale italiana di calcio dai Campionati Mondiali in Sudafrica per dire che essa ha perso perchè era una squadra mediocre e che quindi sono fuori luogo i paroloni che si spiegheranno per spiegare l'eliminazione. Secondo lui "In molti altri campi, più importanti del calcio, la percezione della decadenza, piuttosto che eccitare gli animi e offendere le suscettibilità, dovrebbe spingere a prenderne atto, e rimboccarsi umilmente le maniche" (98).
    Serra nota che molte notizie di cronaca oggi fanno ridere (il Meeting di Rimini della cattolicissima Comunione e Liberazione che si trasforma in una parata di ministri, banchieri e miliardari vari; le ragazze che si sorbiscono le prediche coraniche di Gheddafi per un misero compenso; le accuse de Il Giornale a Gianfranco Fini di aver comprato una cucina sull'Aurelia; Massimo D'Alema e Walter Veltroni che litigano sui sistemi elettorali francesi o tedeschi; la Lega Nord che, pur rifacendosi a Odino ed Eridanio, fa quadrato attorno alla Chiesa di Roma). Secondo lui questa, rifacendosi a Giorgio Gaber, è un'illogica allegria perchè ci sarebbe più da piangere che da ridere per le condizioni in cui è ridotto il nostro Paese (99). Ciò che lo fa maggiormente indignare è la sensazione che sembrano essere saltati molti paletti che impedivano alle persone di superare determinati limiti nei comportamenti quotidiani; secondo lui "E' come se si dovessero capire daccapo, spiegare daccapo, cose che parevano assodate, condivise, perfino ovvie" (100). Si va dall'insegnante che in rete inneggia alla soppressione dei disabili, alle ragazze che non provano più alcuna vergogna nel prostituirsi (e che anzi se ne vantano), ai genitori delle stesse che le incoraggiano ad offrirsi, ai ragazzi che non sono capaci di sopportare i rimproveri dei Carabinieri e che perciò li aggrediscono, al tizio che su Internet inneggia alla morte di Pietro Taricone perchè egli era uno di destra. Il suo commento a proposito dell'uso ignobile che alcuni fanno della Rete è che “...la libertà formale è appena un simulacro, buono per accontentare i gonzi, La libertà sostanziale è quella che dà facoltà di cambiare sé stesso e le cose intorno” (101) e, a proposito dei ragazzi che hanno aggredito i Carabinieri, il suo commento è che "....forse manca, e manca da troppo tempo, anche un bel dibattito sulla responsabilità dei ragazzi. La responsabilità è un peso dell'individuo: di ogni singolo individuo. Ambiente, società, educazione, modelli di comportamento hanno il loro peso, ma a guidare i pensieri, la testa, le mani è ciascun essere umano. Nè la migliore società nè il miglior genitore nè la migliore scuola possono governare fino in fondo le azioni di un ragazzo e determinarne il destino" (102).
    Michele Serra riflette anche sulla disinvoltura etica e su altri vizi della nostra epoca. Egli, riferendo una notizia particolare (una cantante campana che, per aggirare il divieto della Sovrintendenza, ha trasformato una conferenza stampa nella Reggia di Caserta in una festa di nozze) ha colto l’occasione per fare alcune amare considerazioni. In questa notizia, secondo Serra, ci sono i suoi tratti salienti: l'estrema disinvoltura etica, l'uso privato del pubblico, il mito dello spazio come riscatto sociale, il bagordo dispendioso, l'importanza della notizia sui giornali (103). Allo stesso modo lo indigna la reazione dei responsabili di una discoteca di Rimini alle contestazioni del pubblico nel corso di un'esibizione della famosa Ruby (in realtà Karima El Marough). Essi hanno dichiarato di "essere dalla parte dei manifestanti". Opportunamente Serra scrive: "....e allora, perchè l'hanno invitata? Erano sotto ipnosi? Qualcuno li ha costretti? Motivi religiosi? Possibile che non ci sia uno che è uno, in questo paese di leggeri, di mai colpevoli, di lagnosi, che si prende la responsabilità dei propri atti? E ha il coraggio di rivendicarli indipendentemente dagli applausi e dai fischi?" (104). Un altro vizio della nostra epoca è il familismo, inteso sia come la tendenza a fare, anche a scapito del bene pubblico, quasi esclusivamente gli interessi propri e quelli dei familiari sia come la difesa ad oltranza dei propri familiari anche quando non sarebbe il caso di farlo. Un esempio di familismo è il comportamento dei genitori dei ragazzi che frequentano il Liceo Parini di Milano; essi, con la difesa ad oltranza dei propri figli, hanno costretto un gruppo di insegnanti a chiedere il trasferimento. Il commento di Serra è il seguente: "La scuola è il primo luogo dove i figli sono (finalmente!) sottratti alla protezione dei genitori. Siano ottimi o mediocri o pessimi i docenti, è affare dei ragazzi imparare a conoscerli e fronteggiarli, cominciando a prendere le misure della vita. Poichè il familismo italiano non conosce argini nè pudore, sarebbe bene che qualcuno cercasse di fermarlo almeno sul portone di un liceo" (105).
    Ciò che fa indignare Serra è anche l'abitudine invalsa di abbellire con nomi esotici la realtà. L'illusione, in questo caso, è quella di rendere meno duri e più accettabili i rapporti sociali ma è un'illusione che non regge. Egli scrive: "Quando sentite la parola evento mettete pure mano alla pistola. Vuol dire che qualcuno sta infiocchettando per voi ciò che esisterebbe anche senza il fiocco. Il fiocco è un'imposta supplementare" (106). Ma critica anche coloro che inneggiano al "nuovo", come Sergio Marchionne, senza specificare cosa intendono precisamente con questa parola. Secondo Serra il rischio è quello di coprire, con questi termini, una realtà fatta di sperequazioni e sfruttamento ai danni dei più deboli, come gli operai. Il commento finale è che questo "nuovo" è pieno di sperequazioni e ingiustizie quanto il vecchio e anche di più (107).
    Serra parla anche di droga. Egli critica il moralismo di coloro i quali demonizzano le persone che si drogano (ad esempio il sindaco di Sanremo che se la prende con Belen Rodriguez per aver fatto un uso molto modico di sostanze stupefacenti molti anni prima) e ricorda opportunamente che grandi personaggi come Walter Chiari e Lelio Luttazzi ebbero, immeritatamente, la carriera stroncata dall'uso di droghe (108). Ma parla anche di società drogata a proposito della moltiplicazione, a tutte le ore, di inchieste televisive e di retroscena sul caso Scazzi (le inchieste relative alla ricerca dell'assassino della giovane Sara Scazzi). Secondo lui "La maggioranza delle persone che hanno gonfiato il caso Scazzi fino a farne un horror da baraccone è cosciente di alimentare una pratica di infimo ordine. Solo che non riescono a smettere. Drogati in una società drogata, e dunque conformisti, chinano la testa e cercano di piazzare un altro microfono, come una banderilla, sul groppone sanguinante del Mostro. Che non è lo zio o la cugina. E' la pubblica morbosità, diventata lucrosissima industria" (109). Serra parla di comportamento drogato anche a proposito della decisione della signora Cinzia Cracchi di candidarsi, in una lista civica e a nome delle "donne maltrattate", per le elezioni comunali di Bologna. La signora era salita agli onori delle cronache a causa del suo movimentato fidanzamento con l'ex sindaco di Bologna Flavio Delbono e di alcune vacanze a spese delle casse pubbliche. Il suo commento è il seguente: "La signora non è sola. Incarna, anzi, una diffusa tendenza: quella di chi diventa famoso non per merito o talento o impegno civico, e di questa fama così opaca e discutibile si innamora al punto da vollerla mettere a profitto. E' come se una foto sul giornale, una ripresa televisiva, insomma il famoso quarto d'ora di celebrità fosse una droga" (110).
    Serra riflette anche sul ruolo della Chiesa cattolica nella società attuale. Egli scrive che non è piaciuta al direttore dell'Avvenire la mancata espulsione di un concorrente del Grande Fratello al quale è sfuggita una bestemmia. Egli si chiede "....come mai una caduta di forma sollevi tanto scandalo quando è la sostanza di quello e di altri programmi a confliggere in toto non dico con i valori cristiani - non è il caso di tirarli in ballo per così poco - quanto con quel minimo di comune sentimento della dignità della persona che ancora circola in questo paese" (111). Lo colpisce il fatto che molte critiche della Chiesa vengono appuntate sul cosiddetto "relativismo etico" mentre in passato per spaventare i vertici cattolici ci voleva molto di più, toccava essere perlomeno comunisti (112). Ma critica anche l'assurdo ostracismo, che ancora permane, della Chiesa cattolica nei confronti degli omosessuali. In questo caso egli se la prende con gli stessi omosessuali i quali, secondo lui, non prendono atto della realtà e non si rivolgono ad altre confessioni religiose, come i valdesi, molto più aperte nei loro confronti (113).
    Serra sottolinea come la cultura della classe dirigente del Nord, che in teoria dovrebbe essere moderna e di avanguardia, sia diventata arretrata e bigotta. Egli descrive come gli industriali veneti, nel corso di una diretta televisiva del Premio Campiello, abbiano applaudito lo scrittore Antonio Pennacchi quando ha detto che nel fascismo non tutto è stato male e siano stati zitti quando egli ha rivolto un pensiero solidale agli operai di fabbrica. Evidentemente, nota Serra, gli industriali veneti sono nostalgici del passato ma omettono il presente e ciò è curioso perchè, in teoria, il mondo del lavoro salariato dovrebbe essere in stretta connessione con le persone che erano presenti in platea (114). Ma sottolinea anche come le autorità milanesi stiano discutendo da parecchio tempo se e dove collocare il cosiddetto "dito" (un'enorme mano bianca, con le altre quattro dita mozze) che lo scultore Maurizio Cattelan ha esposto davanti alla Borsa di Milano. Secondo lui a qualche moralista pare che "....quel povero dito superstite possa fare ombra alla gloria del business. Milano è diventata bigotta non perchè curiale ma perchè aziendale. Il futuro della mano di Cattelan è un piccolo ma significativo test su quello che resta, a Milano, dell'intelligenza e della cultura pubblica" (115).
    Un altro tema ricorrente nelle note di Michele Serra è il rammarico per l'ingiusta penalizzazione che la nostra società fa dei prodotti di qualità. Egli coglie l'occasione dell'inaspettato successo del film Noi credevamo di Mario Martone per scrivere che "Il mercato è l'alibi prediletto dei produttori paurosi, degli editori pigri e degli artisti conformisti: la frase <<la gente non capirebbe>> ha fatto più danno alle arti, alla comunicazione, alla cultura ed anche alla politica di qualunque censura, di qualunque taglio, di qualunque crisi" (116). E aggiunge in una nota successiva che "Tutto ciò che è ben fatto e ben detto, che ha cura formale e dignità culturale, dal tavolo di un falegname all'articolo di un giornalista, dal discorso di un politico al progetto di una discarica, è oggettivamente rivoluzionario in un paese dal quale nessuno ha preteso, negli ultimi anni, altro che il pigro adagiarsi nei facili canoni del consumismo usa e getta" (117).


    NOTE

    1) L'obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare la rubrica L'Amaca, curata quotidianamente su La Repubblica da Michele Serra, prendendo in considerazione i testi pubblicati nel corso di un anno, dal 23 giugno 2010 al 22 giugno 2011.
    2) Si veda il famoso saggio di Carlo Ginzburg: Spie. Radici di un paradigma indiziario, in AA. VV.: Crisi della ragione; Torino, Einaudi, 1979ai genitori .
    3) FRANCO PELELLA: Sulle tracce del pianeta America. Il metodo indiziario nelle inchieste giornalistiche di Furio Colombo; in “Problemi dell'informazione”, a. X, n. 3, luglio-settembre 1985, pp. 449-450. Si veda anche ciò che ha scritto Carlo Ginzburg parlando delle scienze umane ma che può valere anche per il suddetto discorso sul giornalismo: “L'indirizzo quantitativo e antropocentrico delle scienze della natura da Galileo in poi ha posto le scienze umane in uno spiacevole dilemma: o assumere uno statuto scientifico debole per arrivare a risultati rilevanti, o assumere uno statuto scientifico forte per arrivare a risultati di scarso rilievo” (CARLO GINZBURG, cit., p.92).
    4) L'amaca, 17/7/2010.
    5) L'amaca, 30/9/2010.
    6) L'amaca, 16/2/2011.
    7) L'amaca, 5/5/2011.
    8) L'amaca, 3/11/2010.
    9) L'amaca, 10/4/2011.
    10) L'amaca, 30/11/2010.
    11) L'amaca, 16/1/2011.
    12) L'amaca, 12/4/2011.
    13) L'amaca, 26/1/2011.
    14) L'amaca, 15/12/2010.
    15) L'amaca, 31/5/2011.
    16) L'amaca, 23/12/2010.
    17) L'amaca, 12/2/2011.
    18) L'amaca, 1/12/2010.
    19) L'amaca, 3/6/2011.
    20) L'amaca, 1/4/2011.
    21) L'amaca, 20/11/2010.
    22) L'amaca, 19/12/2010.
    23) L'amaca, 24/5/2011.
    24) L'amaca, 24/7/2010.
    25) L'amaca, 22/12/2010.
    26) L'amaca, 5/12/2010.
    27) L'amaca, 23/9/2010.
    28) L'amaca, 11/6/2011.
    29) L'amaca, 30/9/2010.
    30) L'amaca, 16/9/2010.
    31) L'amaca, 9/11/2010.
    32) L'amaca, 23/6/2010.
    33) L'amaca, 19/6/2011.
    34) L'amaca, 6/5/2011.
    35) L'amaca, 13/3/2011.
    36) L'amaca, 4/8/2010.
    37) L'amaca, 18/7/2010.
    38) L'amaca, 24/10/2010.
    39) L'amaca, 20/2/2011.
    40) L'amaca, 6/7/2010.
    41) L'amaca, 19/4/2011.
    42) L'amaca, 12/5/2011.
    43) L'amaca, 2/3/2011.
    44) L'amaca, 24/12/2010.
    45) L'amaca, 5/2/2011.
    46) L'amaca, 19/10/2010.
    47) L'amaca, 15/6/2011.
    48) L'amaca, 22/7/2010.
    49) L'amaca, 25/5/2011.
    50) L'amaca, 13/1/2011.
    51) L'amaca, 3/7/2010.
    52) L'amaca, 30/6/2010.
    53) L'amaca, 15/7/2010.
    54) L'amaca, 2/4/2011.
    55) L'amaca, 17/4/2011.
    56) L'amaca, 15/2/2011.
    57) L'amaca, 15/1/2011.
    58) L'amaca, 22/2/2011.
    59) L'amaca, 10/10/2010.
    60) L'amaca, 19/1/2011.
    61) L'amaca, 24/8/2010.
    62) L'amaca, 13/11/2010.
    63) L'amaca, 5/4/2011.
    64) L'amaca, 22/1/2011.
    65) L'amaca, 9/12/2010.
    66) L'amaca, 4/6/2011.
    67) L'amaca, 21/4/2011.
    68) L'amaca, 5/6/2011.
    69) L'amaca, 16/3/2011.
    70) L'amaca, 12/1/2011.
    71) L'amaca, 18/2/2011.
    72) L'amaca, 27/7/2010.
    73) L'amaca, 11/8/2010.
    74) L'amaca, 30/4/2011.
    75) L'amaca, 16/12/2011.
    76) L'amaca, 15/10/2010.
    77) L'amaca, 25/4/2011.
    78) L'amaca, 27/10/2010.
    79) L'amaca, 8/7/2010.
    80) L'amaca, 17/10/2010.
    81) L'amaca, 30/1/2011.
    82) L'amaca, 26/10/2010.
    83) L'amaca, 15/5/2011.
    84) L'amaca, 29/3/2011.
    85) L'amaca, 29/12/2010.
    86) L'amaca, 18/6/2011.
    87) L'amaca, 29/1/2011.
    88) L'amaca, 13/8/2010.
    89) L'amaca, 10/9/2010.
    90) L'amaca, 2/1/2011.
    91) L'amaca, 6/1/2011.
    92) L'amaca, 3/2/2011.
    93) L'amaca, 4/5/2011.
    94) L'amaca, 26/6/2010.
    95) L'amaca, 13/7/2010.
    96) L'amaca, 12/8/2010.
    97) L'amaca, 12/6/2011.
    98) L'amaca, 25/6/2010.
    99) L'amaca, 1/9/2010.
    100) L'amaca, 21/1/2011.
    101) L'amaca, 1/7/2010.
    102) L'amaca, 27/4/2011.
    103) L'amaca, 17/7/2010.
    104) L'amaca, 1/2/2011.
    105) L'amaca, 24/3/2011.
    106) L'amaca, 10/10/2010.
    107) L'amaca, 28/8/2010.
    108) L'amaca, 29/7/2010.
    109) L'amaca, 20/10/2010.
    110) L'amaca, 20/3/2011.
    111) L'amaca, 7/1/2011.
    112) L'amaca, 29/8/2010.
    113) L'amaca, 7/5/2011.
    114) L'amaca, 7/9/2010.
    115) L'amaca, 30/10/2010.
    116) L'amaca, 17/11/2010.
    117) L'amaca, 3/12/2010.

    Edited by Franco Pelella - 6/1/2012, 18:08
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